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Palazzi & potere
Conte, serve una svolta. Il ruolo del Deep State e del Quirinale

L’ex ministro Brunetta è uno dei "king maker" dell'attuale fase politica, con buona pace delle molte invidie e gelosie all'interno del centrodestra e dintorni. Le sue ultime uscite sul ministro Di Maio, in effetti, nascondono qualcosa di più. Per tempi e contenuti hanno un valore politico. E arrivano, non a caso, a 24 ore dalle parole di Goffredo Bettini sul leader "de facto" dei 5 Stelle. L’ideologo dei Pd, cuore e anima del Zingarettismo (anche se ultimamente si dica faccia asse con Franceschini), è stato chiaro, anzi chiarissimo sul ministro degli Esteri: “Seguo il dibattito e penso che sia utile mantenendo la spinta innovativa portare questo dentro una cultura di governo e nel decalogo di Di Maio c'e' uno stile di governo, di grande serieta'". Ebbene si, i 10 punti di Luigi Di Maio sul Foglio (in cui si invocava un "patto trasversale" dal lavoro, alla produttività, alla giustizia, per ricostruire l'Italia, disarmando il conflitto politico) hanno smosso qualcosa, in primis hanno messo alla luce tutte le difficoltà e le controversie di un governo che Conte ormai non riesce più a tenere in piedi. Anche al Colle avrebbero letto con attenzione e apprezzamento il piano Italia 2030 di Luigi Di Maio. E fonti qualificate riferiscono di un lungo giro di telefonate susseguitosi nelle ore successive: dal Pd a Italia Viva, da Leu a Forza Italia. E, ironia del destino, proprio da Renato Brunetta è giunta l’ardua sentenza: “Di Maio è un leader, un vero leader”. Sarebbero in molti negli ultimi mesi - anche e soprattutto nei segreti meandri del Deep State - a credere che l’attuale capo della diplomazia italiana possa incarnare la guida di una grande area dei moderati che sappia guardare a destra ma anche a sinistra. E a chi gli chiede di caricarsi sulle spalle le speranze dei forzisti, degli ex renziani, dei dem più fermi e conservatori, unendoli a quel 15% del Movimento, Di Maio risponde che la sua casa naturale sono i 5 Stelle, che lui sta cercando di dargli forma e sostanza e che non lascerà mai il posto dove è nato e cresciuto. Suggestioni che arrivano nel bel mezzo di un dibattito sul prossimo rimpasto e che hanno spinto il Quirinale a far trapelare dubbi e perplessità. Chi frequenta i Palazzi del potere sa bene che non è una difesa di Conte, al contrario al premier viene rimproverata la totale mancanza di protocolli istituzionali, una mancanza pesata anche nell’ultimo Cisr (comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica). In pochi sanno che un importantissimo Ministro della Repubblica era sul punto di alzarsi e fermare tutto, poi ha tirato un sospiro e ha lasciato correre. Si è persa, ormai, anche la voglia di combattere tanta è l’insofferenza verso il premier. Almeno questo è il clima che si respira nel Pd. La formula che i dem continuano a proporre è quella del ritorno ai due vicepremier, un cambio di alcuni ministri, e Zingaretti e Di Maio a riprendere il controllo di Chigi (Renzi, assicurano fonti a lui vicinissime, a entrare nel governo non ci pensa nemmeno; meglio gustarsi lo spettacolo da fuori). È nelle parole di Bettini, in fondo, tale posizione. Elogiando Di Maio, Brunetta guarda invece oltre, probabilmente a un governo di unità nazionale, a una maggioranza allargata, la maggioranza Ursula. Obiettivi diversi ma con comun denominatore: serve una svolta. Subito. E il Colle non può continuare a restare a guardare.

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