Palazzi & potere
Governo, se non siamo precipitati il merito va a Mattarella

Governo, Mattarella è il vero vincitore
Il governo Conte si era insediato, sei mesi fa, sotto i peggiori auspici. Subentrava, bisogna pur dirlo, a governi di centrosinistra che avevano fatto crescere il debito pubblico e sprecato, senza fare alcuna riforma significativa, l'occasione d'oro del quantitative easing e quindi del denaro quasi a costo zero. Incrociava una congiuntura internazionale che, per vari e concomitanti motivi, virava verso, se non una recessione vera e propria, verso una crescita stentata, anemica e ridotta. Si presentava sul proscenio con idee sballate, pericolose, inquietanti e contraddittorie, scrive Pierluigi Magnaschi su Italia Oggi.
I pentastellati, ad esempio, per far aumentare l'occupazione, volevano, guarda te, bloccare tutti i cantieri che peraltro si erano messi in moto dopo decenni di inconcludenti e defaticanti istruttorie. E per bloccare la deriva del debito pubblico (che costituisce, da decenni, la palla al piede dell'intero paese) proponevano l'allargamento dei cordoni della borsa per fini assistenzial-elettoralistici come il reddito di cittadinanza. Da parte loro i leghisti proponevano la generosa sterilizzazione della legge Fornero sulle pensioni. Entrambe le formazioni politiche si proponevano inoltre (altro guarda un po' te) di andare all'assalto della Commissione europea, prendendo a schiaffi l'euro e, già che c'erano, dando anche calci nel sedere agli eurocrati e alla supposta cupola finanziaria internazione che poi è quella che dovrebbe prestarci i soldi per poter andare avanti.
Di fronte a questa arroganza naïve, il sistema (che può anche non piacere ma che purtuttavia esiste), il sistema, dicevo, ha subito arruffato il pelo, non per arroganza ma per paura. Esso ha infatti capito immediatamente che non aveva contro dei rivoluzionari ma degli incompetenti. Il che, per il sistema, era anche peggio. Infatti, proprio perché non sapevano niente o molto poco degli equilibri politici internazionali e delle complesse interdipendenze economico-finanziarie, avrebbero potuto provocare un vero e proprio sfracello, per di più a fin di bene, secondo loro. È noto infatti che un pilota di aereo ubriaco può non essere in grado di infilare la pista nel senso giusto ma un pilota che non ha mai preso in mano una cloche si schianta sicuramente nell'atterraggio. Non per cattiveria ma per ignoranza.
La Lega inoltre ha aperto il fuoco contro l'Unione europea, minacciando di far saltare per aria l'euro (che non è la moneta di un altro paese ma di tutti gli altri paesi europei che l'hanno scelta). La lega inoltre ha aggredito con un linguaggio pecoreccio ambienti comunitari che, in pubblico, non usano mai un linguaggio da bettola. La reazione si è subito fatta sentire. Non con altre invettive (o non solo) ma con dei fatti brucianti. Lo spread è balzato alle stelle. Le autorità brussellesi alle quali il governo italiano diceva di voler far saltare ogni loro legittimazione, hanno preso in mano i computer e hanno sottoposto il bilancio italiano, già impresentabile, a un'analisi rigorosa e senza sconti. A questo punto anche gli investitori nei titoli di stato italiani, vista la mal parata, hanno cominciato a disinvestire dai titoli tricolori.
È in questo frangente da codice rosso che si è manifestata in pieno la sapienza politica del presidente della repubblica Mattarella che, usando le sue competenze, (senza esondare da esse, come purtroppo fece più volte Napolitano) è intervenuto per evitare la catastrofe. Il suo primo intervento è stato quello di impedire che Paolo Savona diventasse ministro dell'economia. Non perché Savona non possedesse le competenze per farlo (ItaliaOggi disse più volte che, di competenze, Savona ne aveva in sovrabbondanza) ma perché, per una serie di circostanze occasionali o pilotate dai suoi avversari, Savona era stato connotato (e come tale veniva percepito a livello internazionale) come un affossatore (per di più competente) dell'euro. Ma sempre con la moral suasion di Mattarella, Savona non è stato defenestrato ma gli è stato attribuito il ruolo più defilato ma non meno importante di ministro per gli affari europei, partendo dal quale può contribuire alla inevitabile riforma della Ue. Cosa che, in parte, ha già fatto, con un documento che è stato largamente apprezzato a livello europeo.
Con un efficace gioco di sponda, il presidente Mattarella ha poi fatto sì che Giovanni Tria venisse nominato ministro dell'economia ed Enzo Moavero ministro degli esteri. Il primo ha assicurato la competenza tecnica all'esecutivo rendendolo passabilmente credibile (anche se con un 18 politico) mentre il secondo, forte della lunga attività diplomatica da lui precedentemente svolta per lunghi anni e al massimo livello, ha cercato di ridurre le asperità e le incomprensioni a livello internazionale.
Ai due si è aggiunto il premier Conte che, partendo da una imbarazzante posizione di marionetta, usata impudentemente dai due vicepremier Di Maio e Salvini che si erano ritagliati una funzione (iniziale) di premier a mezzadria, ha saputo, in poco tempo, ritagliarsi un suo spazio e, nel giro di pochi mesi, porsi come interlocutore con tutti i principali leader del mondo. Il trio Conte-Tria-Moavero con la regia mai abbandonata da Mattarella ha ottenuto il merito di rimettere sulla carreggiata l'Italia anche se il gioco è tutt'altro che finito. Non a caso, nella seduta in cui Conte ha riferito al Senato lo stato delle trattative per la manovra, i tre sedevano, per la prima volta, assieme, come si vede nella foto pubblicata in questa pagina. Ecco perché in Transatlantico si è subito parlato di «terza gamba» del governo, dopo quelle di Salvini e di Di Maio. Se non è vero, non ci siamo molto lontano.