Palazzi & potere
Il governo è ancora in tempo per fissare il voto a ottobre.

Il governo è ancora in tempo per fissare il voto a ottobre. Ma punta al dopo finanziaria
L' iniziativa di Renzi, dunque, è salva per un pelo. Il che aggiunge dubbi in quanti avevano già notato il «miracolo» delle firme per il Sì che si producevano in assenza di banchetti destinati a raccoglierle. Due cose in effetti colpiscono, scrive il Manifesto. La prima è la scarsissima percentuale di firme scartate dalla Cassazione. Nel caso delle ultime proposte di referendum abrogativo arrivate alla suprema corte con le firme necessarie, quelle dei radicali sulla giustizia nel 2013 e quella di Parisi, Di Pietro e Segni contro il Porcellum nel 2011, la percentuale di sottoscrizioni ritenute non valide è stata dal 25% nel primo caso e del 55% nel secondo. Nel caso delle firme «renziane» la percen tuale di scarti è stata appena del 12%. Il controllo cartolare è durato venti giorni, mentre negli altri casi i giudici hanno avuto a disposizione due mesi. Sorprendenti sono anche i numeri che i segretari regionali del Pd hanno dato sulla raccolta firme, nel tentativo di mettersi in buona luce con il segretario. 50mila firme in Toscana, 25mila in Calabria, 17mila in Sardegna e nelle Marche sono numeri che possono sembrare alti ma che per chi ha pratica di raccolta firme non consentono in genere di raggiungere il quorum. Ad esempio in Toscana (come in altre regioni) il comitato per l' abrogazione dell' Italicum ha raccolto praticamente lo stesso numero di firme, pur non essendo riuscito a raggiungere nel complesso le 500mila necessarie. Per rispondere a questi dubbi, alimentanti anche dalla vicenda del rimborso che ora spetterà al comitato del Sì, potrebbe essere utile una pubblicazione delle firme depositate e certificate. Ma il 20 luglio scorso la Cassazione ha risposto di no al costituzionalista Fulco Lanchester che con i radicali ha chiesto l' accesso agli atti. No perché l' ufficio centrale per il referendum non è una «amministrazione pubblica» ma «un organo giurisdizionale».
Anche Renzi alimenta la confusione sui numeri. Nell' esultare, ieri ha scritto che il suo Sì alla riforma è sostenuto da «quasi 600mila firme, circa il triplo degli altri».
Gli «altri» sono quelli del comitato del No ma in realtà lo scarto con le «loro» 316mila firme è assai minore, non è neanche del doppio. Soprattutto, Renzi continua a evitare la comunicazione più attesa, quella della data del referendum. La legge non prevede tempi di attesa, il governo da oggi ha 60 giorni di tempo per convocare il referendum (a sua volta da tenersi tra il 50esimo e il 70esimo giorno successivo al decreto di indizione, firmato dal capo dello stato). Se Renzi farà trascorrere invano questa settimana, il referendum costituzionale non potrà più essere fissato il 2 ottobre, come pure lui ha detto (anche in tv) di desiderare. Se farà passare tutto il mese di agosto, il referendum slitterà inevitabilmente a novembre. E se voteremo quasi a dicembre non sarà per evitare inopportuni incroci con la sessione parlamentare di bilancio. Ci sarebbe tutto il tempo per anticipare la presentazione alla camera della legge di stabilità, il punto è che Renzi non è più di questa idea. «A ottobre ci divertiremo», ripeteva ancora a fine giugno quando leggeva sondaggi diversi e assicurava di voler votare «il prima possibile». Adesso ha bisogno di un colpo d' ala per cercare di vincere, e cercherà di piazzarlo nella finanziaria.