Palazzi & potere
La Riforma e il suo referendum: le ragioni del si e quelle del no
Ci sono diversi modi di approcciare il tema del prossimo Referendum, per alcuni si tratta di appartenenza, politica, per altri di una sottile linea di demarcazione che separa riformisti e conservatori, per altri ancora è in gioco la forma Paese dei prossimi 50 anni. Per pochi, forse per pochissimi, il si e il no colgono ragioni di merito, contenuti specifici, delle riforme proposte. Sono stati sfatati alcuni pregiudizi, o meglio una serie di slogan più o meno accattivanti che riguardavano affermazioni roboanti del tipo: tramonto definitivo del bicameralismo partitario, che nessuno più osa chiamare perfetto; abbattimento dei costi della politica; maggiore e migliore riconoscimento del ruolo delle autonomia locali, a cominciare da regioni comuni… Ma anche espressioni drammatiche care ai fautori del No: è il tramonto definitivo della democrazia; tutto il potere all’esecutivo, parlamento umiliato dal venir meno di prerogative fortemente volute dai padri costituenti a garanzia della loro autonomia e della loro responsabilità…
In realtà le ragioni del si e le ragioni del no appaiono sempre più ancorate a convinzioni solo indirettamente legate al referendum. Appartengono ad una visione del lavoro parlamentare che privilegia il carattere permanente di una norma, piuttosto che la sua capacità di rispondere hic et nunc a bisogni emergenti. Credere nel valore della legge non solo come mero effetto regolatorio di processi già diffusi, ma piuttosto come possibilità di orientare processi che incidono sugli stili di vita di un Paese, alla luce di cosa si considera più o meno buono per il Paese stesso. La decretazione d’urgenza di cui ha fatto largo, larghissimo uso, qualsiasi governo nelle ultime legislature, abusa del parlamento e poco cambia se si tratta di una o due camere, perché in fondo la sostanza è il carattere presidenziale che la repubblica italiana verrebbe gradatamente ad assumere. Laddove Presidente sta per presidente del consiglio e non per presidente della repubblica. Alla fin fine è su questo aspetto che ogni cittadino deve riflettere prima di andare a votare, sapendo bene che le cose possono essere assai diverse a seconda della legge elettorale con cui si eleggerà il prossimo parlamento. Sarà infatti il primo parlamento in carica, e il primo esecutivo che occuperà la regia di comando a definire i contenuti e le strategie di questa riforma, nel caso fosse approvata dai cittadini. Molte cose sono ancora appena abbozzate: per molte altre sarà la attuazione concreta a definirne il profilo applicativo, ma anche la semplice interpretazione della norma. L’ipotesi del potenziale vincitore delle prossime elezioni politiche è in gran parte in funzione della riforma dell’Italicum. Il premio al partito di maggioranza esclude dalla competizione tutti, meno due partiti: il Pd e il M5S. Una egemonia esclusiva ed escludente dell’uno o dell’altro, rafforzandone il potere di governo, tende a schiacciare tutto il resto del parlamento relegandolo a cinque anni di opposizione inefficace sul piano operativo, anche se potrebbe essere più o meno goliardica sul piano della rappresentazione, a seconda del vincitore…
Si o no al Referendum significa includere nella decisione anche una ipotesi il più realistica possibile del futuro vincitore, per cui qualsiasi decisione sul referendum va subordinata alla modifica della legge elettorale, allo spostamento del premio di maggioranza dal partito alla coalizione. Solo così si avvierebbero due processi auspicati da tanti italiani: rendere francamente difficile, ai limiti dell’impossibile, la vittoria del M5S, e innestare nella coalizione vincitrice quel germe della dialettica interna che farebbe da contrappeso alla volontà egemonica di qualcuno.
Perché se deve prevalere il si al referendum su di una riforma come l’attuale, tutt’altro che perfetta, in cui buone intuizioni si mescolano con soluzioni ambigue e pasticciate, allora la si consegni almeno ad un partito di governo che offra garanzie adeguate per migliorarla fin dal primo momento, risolvendone le zone buie, e contenendo le spinte autoreferenziali di un governo che ne esce fortemente rafforzato ai danni di un parlamento mortificato. Ma un si alla riforma senza garanzie di un governo profondamente democratico, è un salto nel buio che molti italiani non vogliono correre. Per questo la richiesta esplicita e reiterata da parte di molti partiti e di molti gruppi parlamentari è quella di rivedere la legge elettorale prima di andare a votare per la riforma. L’ipotesi di modificare la legge dopo il risultato del referendum non convince nessuno: il governo non gode di sufficiente credito in tal senso. In caso di un si ad ampio raggio, si teme che Renzi non vorrebbe più cambiare la legge, ricavandone la convinzione di essere il prossimo vincitore delle elezioni e quindi il Deus ex machina di tutti i processi politici.
In quanto al no: se dovesse essere questo il risultato del referendum, allora siamo in molti a temere che almeno per i prossimi 10 anni non si parlerebbe più di riforme elettorali. Peccato!, perché di riforme c’è bisogno, anche se queste non ci piacciono del tutto e non finiscono di convincerci. Ma il Paese ha bisogno di scrollarsi di dosso alcune sovrastrutture burocratico-istituzionali. Cose che certo non vollero i nostri Padri costituenti, ma che con il tempo sono diventate terreno di ricatti reciproci, dando luogo a manovre lobbystiche che non piacciono a nessuno, anche perché condizionano il lavoro dell’esecutivo prima e più ancora di quello del Parlamento.
In definitiva il popolo del Si sembra attestarsi sul 40%, analogamente a quanto accade al popolo del No. Per quel 20% di indecisi la chiave di volta per uscire dal dubbio non saranno le singole questioni prese una per uno, ma piuttosto la sintesi politica che riguarda il loro destino concreto. Molto dipende da chi immaginano che governerà il paese nei prossimi anni, traghettando l’Italia oltre quella data magica 2020, che ha un nome davvero molto suggestivo: Horizon 2020. Vogliamo sapere cosa ci sarà oltre quella linea dell’orizzonte e per questo serve il combinato disposto legge elettorale - riforma costituzionale. L’una trae luce e forza dall’altra, oppure entrambe minacciano di far precipitare l’intera impalcatura della prossima legislatura…