Napolitano ne ha per tutti: Henri Lévy, Galli della Loggia, Letta, grillini
Napolitano ne ha per tutti: Henri Lévy, Galli della Loggia, Letta, grillini. Paura eh?
Con riferimento innanzitutto al contesto politico europeo, si parla già da tempo di una impressionante diffusione di "populismi". E si è a questo proposito levata qualche voce "controcorrente" per sostenere che si sta facendo del populismo "un marchio di infamia ideologica" e una formula di comodo per demonizzare o semplificare in modo sprezzante movimenti e manifestazioni di protesta e contestazione nei confronti delle istituzioni e delle politiche dell' Unione europea o di quelle di diversi Stati nazionali che ne sono membri. In questa polemica con Bernard-Henri Lévy, Ernesto Galli della Loggia ha certamente le sue ragioni, ma giungendo ad affermazioni a mio avviso non condivisibili.
Soprattutto, scrive il Presidente emerito sul Sole24ore, quando egli afferma che in democrazia e, da noi secondo Costituzione, «è al "popolo", è agli elettori che spetta l' ultima parola sulle cose importanti che li riguardano». Ma la Costituzione italiana dice che il popolo esercita la sua sovranità «nelle forme e nei limiti della Costituzione» stessa. La quale ad esempio esclude che possano essere sottoposti a referendum (abrogativo) leggi di ratifica dei Trattati internazionali. E più in generale, riferendosi al referendum inglese, Amartya Sen ha ricordato come «in democrazia ci sono questioni che devono essere decise da chi governa dopo avere avviato una discussione pubblica», mentre bisognerebbe ricorrere a referendum solo per questioni specifiche e ben delimitate.
Annunciando e indicendo il referendum che ha condotto, a conclusione di una campagna di propaganda fanatizzante fino all' isterismo, al fatale successo di Brexit, il primo ministro inglese ha abdicato alle proprie responsabilità, al mandato ricevuto sia dai cittadini che lo hanno eletto alla Camera dei Comuni sia dal Parlamento che ha legittimato e sostenuto il governo in carica. E qui si tocca un punto cruciale della visione populista della democrazia: il disprezzo e la negazione del ruolo delle Assemblee rappresentative e di ogni forma di governo parlamentare, a vantaggio di una democrazia plebiscitaria o di una «democrazia diretta» affidata ai meccanismi incontrollati e manipolabili della Rete. Come non vedere che si tende così a far vacillare un caposaldo irrinunciabile della costruzione democratica in Occidente?
E se - come ha sostenuto di recente Enrico Letta - occorrono sistemi politici "inclusivi", giacché nei nostri paesi "è tempo di unire, di fare coalizioni", come si possono, escludendo come ormai condannati i partiti cosiddetti tradizionali, governare la Spagna o domani la Francia o ancora, domani l' Italia?