Nomine e rai: ma la mission aziendale qual è? Anzi, dov'è? - Affaritaliani.it

Palazzi & potere

Nomine e rai: ma la mission aziendale qual è? Anzi, dov'è?

Come si dice spesso nelle baruffe politichesi italiche, le cose possono essere giudicate nel merito e nel metodo. Bene, sulle recenti nomine Rai, parlo soprattutto di quelle più da prima pagina, vale a dire quelle dei direttori di rete, mi sento a caldo di fare dei piccoli commenti nel merito e nel metodo.
Sul merito: le persone scelte penso siano professionalmente degne.

Sul metodo o direi meglio sulle logiche che hanno portato a queste nomine: non credo sia corporativismo da “vecchio corpaccione RAI” rimanere perplessi per il fatto che si sia ritenuto che non c’erano all’interno delle persone in grado di dirigere due reti su tre, specie in un’azienda dove ci sono sempre state tanta creatività e tanta capacità di fare buona televisione. Ma questo è un tema decisamente secondario.

Anche la Rai è perciò da qualche tempo un filino meno partitica e parecchio più renziana. E Renzi vuole una Rai che lo supporti nella sua strategia di racconto di un’Italia ritrovata e rasserenata dove tutto procede; una televisione che non turbi e che, a seconda di come si vuole leggere la cosa, o mobiliti il paese alla riscossa o lo renda soporifero a forza di ottimismo.
Shakespeare fa dire a Giulio Cesare: “Ch’io abbia intorno a me degli uomini grassi, gente dal capo lisciato e che dorma la notte; quel Cassio ha un aspetto magro e famelico; pensa troppo: tali uomini sono pericolosi…..Egli legge molto; è un grande osservatore, e penetra con gli occhi fino in fondo alle azioni degli uomini…”. E’ uno dei passi più mirabili del teatro mondiale: il capo non vuole disturbatori del suo racconto, del suo storytelling per dirla alla moderna. E più mirabilmente di ogni altra nostra modesta parola può commentare queste nomine.

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