Saper guardare da lontano - Affaritaliani.it

Affari di Genio

Saper guardare da lontano

Siamo dei privilegiati, ma facciamo fatica a vederlo. Possiamo andare a scuola e preoccuparci che le nostre difficoltà cognitive vengano migliorate avendo il tempo di comprendere come ciascuno di noi impara a capire.

Riusciamo persino ad ottimizzare il nostro quotidiano per poter vivere di momenti di leggerezza, di svago.

Eppure basterebbe alzare lo sguardo e l'altezza da cui osservare in prospettiva il nostro mondo, per rendersi conto  che, quanto maggiore è l'altezza da cui osserviamo la nostra vita, quanto maggiore la distanza che intercorre tra noi e coloro che non hanno niente, neanche acqua da bere, neanche un tozzo di pane. Aumentando la distanza della prospettiva dall'alto di queste due diverse tipologie di persone, apparirebbero distanti poche centinaia di metri l'uno dall'altro,  poi solo decine di metri e alla fine poco più di qualche centimetro. Più andiamo in alto, più diventiamo piccoli e ininfluenti. 

Per questa ragione, comprendere di avere il potere di capire se stessi, gli altri, la diversità, la comunità, dovrebbe essere considerato così prezioso che nulla dovrebbe avere la precedenza. 

Sapere di non sapere, dovrebbe farci aumentare la voglia di capire come si apprende, per poter disporre davvero di se stessi e della propria libertà. 

Nulla più dello studio e della relazione con il  sapere ci permette infatti di smettere di guardare alle immagini del nostro cellulare come se fossero quelle proiettate fuori dalla caverna, come diceva Platone. Invece questo punto di osservazione da un'inclinazione sbagliata, non ci consente di monitorare dalla giusta altezza la nostra protervia e la stupidità di una razza, quella umana, che pur disponendo di tutto il sapere che le è necessario per vivere felice, usa queste codificazioni culturali per contrapporsi, per mettersi l'uno contro l'altro, permettendo alla guerra di essere sempre un'intrusa, sgradita pronta a mettersi di mezzo tra gli umani.

E anzichè usare la nostra sapienza per imparare ad arricchire la nostra cultura, il nostro livello sociale e politico, facciamo uso delle informazioni per soffocare gli uni la libertà degli altri. E lo chiamiamo progresso.

Potremmo sperare di cogliere il senso dell'infinito, ed invece utilizziamo il concetto d'infinito per impossessarci del cielo altrui al fine di far nostro qualcosa che non ci apparterrà mai.

Pervasi da una cultura della morte che prevale rispetto al dono che c'è stato fatto: quello di poter amare la cultura. 

In ultima istanza amare noi stessi, nella gioia del creato. Di Genio tuttavia ce n'è pochino in giro.

Ma lì almeno, ancora, resiste. 

Max Rigano