Pd: inizia la guerra delle candidature
C'è un grande non-detto, dietro le furiose polemiche politiciste in casa Pd.
Il grande non-detto si chiama «liste elettorali»: unica, vera motivazione dietro l' insurrezione di tanti big, da Orlando a Franceschini, giù giù fino ai pochi prodiani superstiti e a Bersani, che dal Pd se ne è andato (e solo lo ha lasciato, scriverebbe Togliatti), scrive il Giornale. Matteo Renzi (che tace e prepara la due giorni di assemblea dei circoli Pd, che si apre oggi a Milano) è uscito dalle primarie come dominus assoluto negli organismi dirigenti del partito. La sua maggioranza è autosufficiente persino da Franceschini, abituato da tempo ad essere l' azionista di maggioranza dei Dem.
E questo vuol dire che, sic stantibus rebus, quando si arriverà al momento di scegliere le candidature per le prossime politiche, Renzi avrà mano libera nel deciderle e farle approvare.
Ed è chiaro a tutti, nel Pd, che il leader - a parte piccole riserve indiane - stavolta vorrà comporre dei gruppi parlamentari leali. Problema non da poco per tutti coloro che hanno da temere da questo scenario, a cominciare proprio da Franceschini che - con Bersani segretario - riuscì a piazzare decine e decine di eletti.
Nessuno lo dice apertamente, com' è ovvio, ma la ragione principale per cui in tanti vogliono logorare e possibilmente scalzare - prima delle prossime elezioni politiche - la leadership renziana è proprio questa.