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Palazzi & potere
Sgarbi e D'Alema vogliono (nel 2018!) celebrare la figura di Palmiro Togliatti

Fiorenzo Magni fu un grande campione del ciclismo che fu, a suo tempo, oscurato solo dalla presenza di colossi delle due ruote come Bartali e Coppi ma che tuttavia vinse un Giro d'Italia e tante classiche (tra le quali tre Parigi-Roubaix, per dire). Ma adesso, scrive Pierluigi Magnaschi su Italia Oggi, l'amministrazione del comune di Prato, il comune dove Magni nacque, si rifiuta di dedicare alla sua memoria una pista ciclabile (vedi il servizio di ItaliaOggi di ieri) perché, nei suoi anni giovanili, Magni fece il militare nell'esercito di Salò (come tanti altri, per esempio, il Nobel Dario Fo, per i quali non ci furono demonizzazioni: neanche quando questa sua scelta, da lui a lungo nascosta, divenne pubblica).

Nello stesso tempo, Vittorio Sgarbi ha annunciato di voler dedicare a Palmiro Togliatti una strada nel comune di Sutri (Viterbo) di cui è da poco diventato sindaco con il 59,79% dei voti. Sgarbi ha trionfalmente annunciato che alla cerimonia (prevista nei primi del prossimo mese di settembre) parteciperà anche Massimo D'Alema che, invitato dal critico d'arte di Forza Italia, ha, dice Sgarbi, «accettato con entusiasmo di essere presente».

Si prosegue quindi, anche nel 2018, come se niente fosse, anche se tutto è ormai chiaro, a 62 anni dal Rapporto Kruscev (1956) sui crimini dello stalinismo in Urss, a considerare Stalin come, tutto sommato, un uomo bonario e paterno con i baffi (una sorta di Peppone, insomma) che «ha fatto degli errori ma ha anche tanti meriti», anziché considerarlo per come egli era realmente, cioè come un dittatore sanguinario che ha fatto uccidere deliberatamente milioni di persone. Per Stalin, chi si opponeva alla sua supposta nuova umanità che intendeva costruire, doveva essere implacabilmente eliminato senza processi (nemmeno farsa. Questi ultimi, rapidissimi, erano fatti solo per i gerarchi caduti in disgrazia e comunque destinati a essere fatti fuori).

Togliatti prese la cittadinanza sovietica nel 1930. Rientrò in Italia solo il 25 luglio 1943. Sono molti i documenti, resi pubblici da Gorbaciov negli anni della perestroika, che inchiodano un Togliatti al supino servizio di Stalin. D'altra parte Togliatti era stato nominato da Stalin direttamente a capo del Comintern (che era la Terza internazionale comunista che aveva il compito di esportare la rivoluzione comunista nel mondo). Il Comintern guidava tutti i partiti comunisti nel mondo e quindi anche quello ungherese. Non a caso, l'invasione del 1956 di Budapest da parte dei carri armati sovietici fu smaccatamente elogiata come debita e opportuna da Togliatti come si può leggere sulle colonne dell'Unità di quel tempo.

La firma di Ercoli (era lo pseudonimo di Togliatti in Urss; pseudonimo che gli amici comunisti nobilitavano come «nome di battaglia») la firma di Togliatti, dicevo, compare nel documento di condanna a morte dell'intera dirigenza polacca del partito operaio polacco, 15 persone, trozkisti e, in gran parte ebrei, che infatti furono tutti ammazzati subito. Fu sempre Togliatti, al tempo commissario politico sovietico a fianco dei comunisti che combattevano in Spagna, a organizzare la missione che si concluse con l'assassinio di Trotzky, in Messico, a picconate nella testa.

Fridrikh Firsov, studioso russo del Comintern, dopo aver analizzato per anni i documenti, ha concluso: «Tutti i dirigenti del Comintern (e Togliatti ne era il capo, ndr) hanno la responsabilità di ciò che è accaduto durante le purghe sovietiche». E aggiunge: «Non risulta nemmeno un caso in cui Togliatti si sia mosso per aiutare un compagno già finito nelle prigioni del Nkvd mentre il suo collega Dimitrov, pur con tutti i rischi che sapeva di correre, ne tirò fuori 150».

I due errori luciferini del secolo passato sono stati il nazismo e il comunismo. Sul primo, doverosamente, sappiamo tutto. E non a caso il nazismo non si è più ripetuto in seguito (dal suo crollo nel 1945) anche se alcune nicchie di questa vicenda mostruosa si fanno ancora sentire in maniera sotterranea e ai margini della società. Esse comunque sono sopraffate dalla evidenza dell'obbrobrio nazista perché esso è stato doverosamente e instancabilmente descritto per quello che era, cioè un obbrobrio allo stato puro.

Il comunismo sovietico, nascosto, abbellito, liftato, giustificato, avendo nascosto il suo vero e ineliminabile aspetto genocida, peraltro tutt'altro che nascosto, è stato invece inevitabilmente riproposto e quindi esso si è ripetuto, come se niente fosse, anche in Cina (con la rivoluzione culturale ai tempi di Mao che fece milioni di morti) e in Cambogia ai tempi dei Khmer rossi dove bastava portare gli occhiali (dimostrando così di essere un intellettuale) per essere fucilati all'istante. Queste repliche sanguinose della follia mortifera sovietica in salva comunista planetaria (per costruire l'uomo nuovo) hanno avuto, anzi, grandi ed espliciti sostegni in Europa e specialmente in Italia. Dobbiamo ricordare, fra gli immemori della storia che hanno sostenuto questi nuovi massacri, oltre ai comunisti storici e inossidabili, anche molti leader del '68 italiani che poi si sono collocati bene, soprattutto nei media?

Volete una prova (rispetto alla quale ho fatto cilecca anch'io) delle drammatiche conseguenze del nascondimento sistematico delle violenza belluina sovietica? Tutti noi sappiamo (ed è molto bene che lo si sappia e che si faccia di tutto per non perderne il ricordo) che cosa sia stato il campo di sterminio nazista di Auschwitz. Ma avete mai sentito parlare (ripeto: io no, fino a poco tempo fa) del campo di sterminio di Kouropoty a 8 chilometri da Minst, capitale della Bielorussia, dove furono assassinati 250 mila persone, sparando loro nella nuca per anni, davanti a delle fosse comuni dove precipitavano? Questa vicenda la spiega molto bene Hedrick Smith, che fu corrispondente del New York Times da Mosca, nel suo libro The New Russians Random House che è stato tradotto in tutto in mondo ma, guarda caso, non in Italia. E anche la sua inchiesta televisiva non si è mai vista sugli schermi tv e nemmeno su quello di Rai Storia, che sulla storia preferisce chiacchierare anziché far vedere.

Il testimone delle fosse di sterminio Kouropoty, il russo Zenon Ponziac, racconta: «Tutti i giorni, per quattro anni e mezzo, la gente è stata fucilata qui. Gli assassinandi erano condotti a due per due davanti le fosse e abbattuti con una pallottola nella nuca». Ponziac prosegue: «Le esecuzioni sono durate dal 1937 al 1941, fino all'inizio della guerra il 23 luglio. Quando gli aerei tedeschi cominciarono a bombardare la città gli uomini di Stalin continuavano a fucilare la gente». Smith, da parte sue, spiega che «ogni giudice aveva una quota da riempire: una o due persone da smascherare ogni giorno come nemici del popolo. Se non trovava abbastanza nemici, era lui stesso che veniva fucilato».

La producer Bela Burkova, nel documentario che la Rai non ci farà mai vedere, trovò un vecchio assassino che operò a Kouropoty. Domanda: «Come assassinavate la gente?». Il vecchio piega le dita a mo' di revolver e punta l'indice verso la testa di chi lo intervista. «Alla distanza di un braccio teso?». «No, il braccio era leggermente flesso. Non si può tirare da vicino con il braccio teso». Lo stesso descriveva come depredavano le vittime dei loro gioielli e o dei loro denti in oro: «Se si mette dell'alcol sulle gengive dei cadaveri, i denti d'oro escono più facilmente».

Vi sembra strano che su questo luogo, che le autorità sovietiche tentarono a lungo di occultare e svuotare, sia poi stato costruito uno svincolo autostradale e un parcheggio? Perché questo assoluto obbrobrio, giustamente inimmaginabile per Auschwitz (che deve rimanere tale e quale per tutta la storia dell'umanità), è stato possibile a Kouropoty?

Perché, questo è il punto, nessuno ne ha parlato e anche perché chi poteva sentire non ha voluto sentire. Compreso Sgarbi.

 

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