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Palazzi & potere
Ue: Trump, un’occasione per rifare l’Europa

“Oggi, con gli Stati Uniti di Trump, la Gran Bretagna scommette sulla distruzione dell’Unione”. Gianni Pittella, capogruppo dei Socialisti e Democratici al Parlamento europeo, partecipa con questo messaggio all’incontro – in corso a Roma - L’Unione europea e le sue crisi, organizzato dall’Istituto Affari Internazionali e dalla Fondazione Friedrich Ebert. “Ciò che sta emergendo inesorabilmente – sostiene Pittella – è una Gran Bretagna che di fatto postula la disgregazione dell’Europa, la sua disintegrazione, e per farlo cospira allo stesso scopo con il neo-presidente americano”.

Per l’eurodeputato – ex candidato alla presidenza del Parlamento europeo, poi conferita ad Antonio Tajani – la cosiddetta hard Brexit è stata una precisa scelta politica, che per nulla stona con l’atteggiamento assunto storicamente dal Regno Unito verso l’Unione. Anche il suo ingresso nella Cee, nel 1973, “non fu una scommessa su una grande storia di integrazione e di pace, ma avvenne quando l’Inghilterra sperimentò che restarne fuori sarebbe stato sconveniente per la propria economia”.

E quando le differenze tra Stati membri si manifestano già al livello dei principi che dovrebbero sorreggere la loro casa comune, forse non è sbagliato pensare a ricostruire tutto daccapo. Quando l’Unione è così disomogenea da far desiderare un’integrazione su diversi piani, quell’Europa a più velocità rilanciata da Angela Merkel in questi giorni, appare sensato ripensare completamente il progetto europeo.

A questo è dedicato l’incontro di oggi, con esperti, giornalisti e rappresentanti delle istituzioni chiamati a confrontarsi sulle difficoltà dell’integrazione e a proporre soluzioni concrete per superarle. La Brexit è solo la più manifesta tra le crisi che l’Unione si trova ad affrontare. Secondo una definizione giù usata dal presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker, oggi ci troviamo di fronte a una “policrisi”: l’emergenza rifugiati, la recessione costante, il tracollo delle banche e dei debiti sovrani, e ancora l’ascesa dei populismi e la diffidenza degli Stati membri dell’Est verso le istituzioni europee. Pezzi di un puzzle di cui spesso si è rimandata la soluzione, e che il ciclone Trump ora sta solo contribuendo a sparpagliare.

Poi ci sono i cittadini europei, stanchi sì, ma non tutti e non al punto da rinunciare alla possibilità di una serena convivenza all’interno dell’Unione. I risultati di un sondaggio, condotto dall’osservatorio Euvisions e presentato pochi giorni fa all’Istituto Affari Internazionali, dimostrano come esista una “maggioranza silenziosa” che ha ancora voglia di Europa.

C’è, tra i cittadini dei sette Paesi interpellati (Italia, Spagna, Francia, Germania, Regno Unito, Polonia e Svezia), un 20% che crede che l’Europa sia una nave che affonda. Ma c’è una quota più ampia, in Italia il 38%, che riconosce ancora all’Ue il valore di “casa comune”. E a questa fetta di cittadini, che va sempre più riducendosi, che si rivolgono i lavori dell’incontro di oggi. “Per ripensare il continente come – sostiene ancora Pittella – se non il più potente del pianeta, il luogo migliore in cui vivere”.

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