Pd diviso, Conte all'attacco: così "Giuseppi" punta alla leadership del centrosinistra. Schlein all'angolo - Affaritaliani.it

Politica

Ultimo aggiornamento: 17:39

Pd diviso, Conte all'attacco: così "Giuseppi" punta alla leadership del centrosinistra. Schlein all'angolo

Il campo largo per il momento è solo un cantiere aperto, malgrado la testardaggine di chi continua a considerarlo come un’alleanza elettorale forte

di Vincenzo Caccioppoli

Pd diviso, Conte all'attacco

Se ancora qualcuno avesse avuto dei dubbi sul fatto che il campo largo sia ancora un cantiere tutto da costruire, Giuseppe Conte, proprio sul palco di Atreju, ha voluto invece ribadirlo con chiarezza estrema. Intervistato da Tommaso Cerno, che lo ha incalzato sui temi caldi, come quello del triello mancato con Schlein e Meloni, Conte non si è certo tirato indietro è senza troppa diplomazia ha stuzzicato sia il premier che soprattutto la leader del Pd.

"Manca una sedia qui", incalza il direttore del Giornale. "La sedia vuota qui è quella di Meloni, non di Schlein", risponde l'ex premier. E questo sarà il perno dell'intervista. "L'alleanza con il Pd ci sarà solo con le battaglie del Movimento 5 stelle nel programma", dice Conte. "Prima il programma, poi il candidato. Lo decideremo insieme", afferma ancora.

"La legge lettorale? Vediamo la proposta formale che arriverà e ci confronteremo in Parlamento. Ma il problema non è indicare il premier, è che quando si sta al governo si fa il contrario di quello che si è promesso". Insomma, una volta conquistata la Campania e con i sondaggi che in questa ultima settimana finalmente sono più confortanti, Conte si è rimesso a fare il guastatore all’interno della coalizione, convinto di essere lui il miglior sfidante della Meloni alle prossime elezioni del 2027.

Insomma lo schema appare ormai chiaro, più la Schlein cerca di ammorbidire ed irretire il leader cinque stelle (con la concessione della Campania per esempio) e più Conte, che è “astuto come una volpe” alza l’asticella, convinto in questo modo di logorare la rivale anche e soprattutto al suo interno.

“Conte ormai ha capito che dentro al Pd la schiera di chi non vuole più la Schlein come leader sta diventando sempre più numerosa. Sa che il referendum sulla giustizia, potrebbe essere un punto di svolta. La vittoria dei sì probabilmente darebbe forse un colpo definitivo alle aspirazioni della segreteria dem alla leadership della coalizione. E allora per lui probabilmente a un solo anno dalle elezioni si aprirebbero delle praterie”, dice un vecchio democristiano ora nelle file del Pd.

Il problema, come si vocifera nei palazzi romani, è che anche chi ha sempre appoggiato la segretaria, come Franceschini e Orlando, come si è visto nel mal riuscito incontro a Montepulciano di due settimane fa, ormai sarebbero pronti a mollarla. E chi sarebbe a prendere il testimone? Proprio lui, Giuseppe Conte, che gode di largo appoggio tra la vecchia guardia del Pd”.

Sotto sotto, malgrado quello che dirà in pubblico, Conte in cuor suo spera in una vittoria dei sì, perché lui in questo momento sta giocando il ruolo del rivale della Schlein, prima ancora che di quello della Meloni. E questo è il paradosso che attanaglia il centrosinistra, di cui forse la sola Elly, ancora non ha visto, o forse meglio sta facendo finta di non vedere”, dice un esponente di Italia Viva.

La concomitanza tra il discorso conclusivo alla riuscitissima festa di Atreju della premier Giorgia Meloni, con l’assemblea del Pd (l’ipotesi del congresso sembra perdere forza di giorno in giorno, troppi rischi per la Schlein, in questo momento, dice chi è nel suo inner circle) è un altro piccolo segnale a Conte e a tutti che lei ormai è entrata in modalità duello con la premier.

Ma l’ex premier, come ha dimostrato ad Atreju, sembra essere pervaso da una calma olimpica e si oppone con forza a chi gli fa notare sommessamente che il Pd avrebbe quasi il doppio dei suoi voti, ai suoi fedelissimi di recente ha ricordato, a mezza voce, che nel 2001 il candidato dell’Ulivo fu Francesco Rutelli, leader della Margherita, partito che valeva molto meno dei Ds.

E poi c’è la questione della competenza, come ha detto qualche giorno fa, il suo (ex) spin doctor, Rocco Casalino (che, forse non a caso, ha deciso di accettare una nuova proposta editoriale, con tutta probabilità la direzione di un nuovo giornale online). Un terreno quello della competenza per il due volte presidente del Consiglio, che inevitabilmente lo mette in una condizione di superiorità verso la “neofita” in tal senso Schlein.

E paradossalmente conta anche sulla premier, come visto nel caso di Atreju, per fare in un certo senso un fronte comune (magari in cambio di un appoggio sulla legge elettorale, o chissà su alcune riforme) contro la “povera” Elly. Ed è proprio per questo che la segretaria dem, starebbe pensando a cambiare il punto dello Statuto (art. 5 comma 3), che permette che alle primarie si possano candidare anche altri esponenti del partito oltre alla leader.

Conte, dal canto suo, ha deciso di puntare su temi delicatissimi per il Pd, come quello sulla sicurezza o quello sulla guerra in Ucraina. “Non c’è dubbio che noi dobbiamo cercare di sostenere le giuste ragioni del paese aggredito contro il paese aggressore, però se noi prescindiamo da quello che è successo dal fatto che comunque c’è una vittoria russa sul campo sarà molto difficile confrontarsi”.

È arrivato anche a elogiare il ruolo di Trump come mediatore per svilire invece la sostanziale irrilevanza dell’Europa, sconfessando la linea europeista della Schlein e del Pd. È guardingo Conte, ma gioca le sue carte perché lui alla corsa verso la leadership non rinuncia affatto, rinfrancato anche da un sondaggio de La 7 che indica proprio il Movimento Cinque Stelle, come il partito preferito tra gli astensionisti (il 20% contro il 14% del Pd).

Ed ecco allora che anche la sua sibillina frase sempre ad Atreju, sul confronto a tre con Schlein e Meloni che ci sarà, rappresenta un chiaro segnale che il campo largo per il momento è solo un cantiere aperto, malgrado la testardaggine di chi continua a considerarlo come un’alleanza elettorale forte ed in grado di vincere le elezioni.