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Politica
PNRR: caro Draghi, la fretta non giustifica tutto

Oggi leggo un articolo di Augusto Minzolini e penso che, se la vita avesse deciso altrimenti, io sarei stato il noto giornalista e Minzolini il lettore che obietta con una lettera. Infatti Minzolini (che mi è simpatico, sia detto di passaggio) sostiene che non si può rimproverare a Draghi – o forse dovremmo dire più precisamente al governo Draghi – di avere presentato un testo di trecento pagine alla Camera dei Deputati alcune ore prima della discussione. E al Senato il giorno prima. Rendendo del tutto impossibile il dibattito informato. Infatti Minzolini sostanzialmente dice: “È vero, i parlamentari non hanno nemmeno avuto il tempo di leggere al galoppo quel corposo testo, ma non bisogna dimenticare che siamo in una situazione speciale, simile al tempo di guerra”.

Parliamo infatti di oltre centoventi o centotrentamila morti; abbiamo il coprifuoco come sotto i bombardamenti; rischiamo la fame e una crisi economica tremenda. Inoltre – e questo è forse l’argomento più forte – di che cosa avrebbero dovuto discutere, i parlamentari, se questo governo ha una maggioranza del 90%? Il testo che presentava Draghi era come se l’avessero presentato loro stessi, o comunque i dirigenti dei loro partiti. Dovevano discutere se erano d’accordo con sé stessi? Questa è una sintesi mia, non so quanto fedele. Certo mi sono premurato di renderla convincente.

Ed ora rispondo. Effettivamente l’opportunità di adottare quel provvedimento, o quel programma, è riconosciuta da un’enorme maggioranza. Effettivamente, una maggioranza dell’otto o del nove per cento (non so quale sia, quella dei Fratelli d’Italia) non obbligherà certo il Parlamento a cambiare l’intenzione di votare a favore. Ma all’opposizione la soddisfazione di dire come la pensa, almeno questa, la vogliamo concedere?

E nel caso il progetto contenesse errori marchiani, o progetti dannosi per la nazione, vogliamo sì o no dare all’opposizione il modo di informarne la cittadinanza?

E comunque se, in un caso specifico, volessimo mettere in discussione l’opportunità che la minoranza eserciti il proprio diritto di interlocuzione, è la maggioranza che deve decidere su quella opportunità? Sarebbe come dare all’imputato il diritto di scrivere la sentenza nel processo che lo riguarda.

Se l’opposizione è soltanto un fastidio, mettiamola fuori legge e diamo al sig.Mario Draghi il potere di dittatore a vita, come Giulio Cesare. A cui questa carica non portò fortuna.

Se un tizio, guidando sotto l’effetto dell’alcool, uccide qualcuno, non potrà certo giustificarsi dicendo che i suoi riflessi erano appannati perché era ubriaco. Non si può addurre a giustificazione una propria colpa precedente. Ché anzi la legge in questo caso, non che divenire comprensiva, si mostra severissima e aggrava pesantemente la pena. “Se non volevi avere i riflessi appannati, bastava che non bevessi. Il piacere di bere non giustifica l’omicidio di un padre di famiglia”.

E questo smonta l’argomento dell’urgenza. Da quanto tempo l’Italia sa che dovrà consegnare a Bruxelles il suo piano entro il trenta aprile? Dunque da mesi governo e Parlamento dovevano occuparsi del problema. E questo accomuna nella colpa sia il governo Draghi sia il governo Conti. Ma qui non importa distribuire i gradi della colpa: ciò che conta è comprendere che il Parlamento non è un areopago di mummie o di yes-men. È lì per prendersi la responsabilità di governare il Paese.

Fra l’altro, la fretta ha permesso a Draghi – come dicevamo ieri – di tenersi sul vago in materia di riforme. Non ha detto: “Faremo questo, faremo quello”, ma “Otterremo questo, otterremo quello”, senza impegnarsi a nulla, come technicalities.

Se invece la discussione fosse stata ampia e approfondita; se su ogni singolo tema il Parlamento fosse stato informato su come il governo intende ottenere i risultati sperati (per esempio, in materia di giustizia penale, con la separazione delle carriere fra inquirenti e giudicanti) siamo sicuri che avremmo avuto – come l’abbiamo avuta – la quasi unanimità? E se tuttavia – obtorto collo – tutti i partiti avessero votato il documento, questo non sarebbe stato un enorme vantaggio, per il governo? Domani, in sede di azione concreta, avrebbe potuto sbandierare questo voto per indurre i partiti a non contraddirsi e a mantenere la parola data. Invece attualmente, dopo tutte queste belle parole, al momento di passare alla riforma in concreto tutto potrebbe saltare in aria, e forse anche il governo. Oppure, come al solito, non farne niente.

In queste condizioni, il Parlamento non ha approvato niente. Ha soltanto mandato un libro a Bruxelles, conservando il diritto di rimangiarsi la parola su tutto, semplicemente perché non l’ha data: “Abbiamo votato sì per l’urgenza, ma non avevamo letto il provvedimento. Se avessimo avuto il tempo di studiarlo avremmo detto no, come diciamo no attualmente”.

Ritorno alla casella di partenza.

giannipardo1@gmail.com

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