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Politica
Primarie, Renzi asso pigliatutto e dagli archivi spunta il blasone di nobiltà

di Andrea Cianferoni

La pax renziana, almeno secondo le affermazioni del neo segretario del Pd, non dovrà - e non potrà –  essere messa in discussione per i prossimi 4 anni; “L’elettorato del Partito Democratico ha votato il suo segretario e non voglio storie. Dobbiamo avere una squadra molto compatta perché i prossimi mesi ci giocheremo molto”. Non c’è dubbio che il braccio destro di Renzi, e attuale ministro dello sport con delega all’editoria Luca Lotti, abbia lavorato duramente nelle ultime settimane per “blindare” i numeri in assemblea nazionale, confermati anche dal voto delle primarie che attestano il leader del Pd sopra il 70 %.

Anche nella Capitale, dopo due anni di commissariamento che hanno spianato la strada ai Cinque Stelle, Renzi stacca gli avversari nonostante l’affluenza non eccellente – quasi dimezzata – rispetto alle primarie di 4 anni fa. Anche se non dovrà essere più l’uomo solo al comando, come è stato nei tre anni di governo, ma più inclusivo della minoranza interna rappresentata da Orlando ed Emiliano, i quali, pur contestando fin dall’inizio i tempi brevi del congresso, hanno promesso collaborazione facendo opposizione interna con lealtà. 

Renzi dovrà dedicarsi adesso al rafforzamento del Pd, di cui sarà il segretario dal 7 maggio data in cui l’Assemblea Nazionale lo proclamerà ufficialmente. Anche nel capoluogo toscano, tradizionalmente feudo renziano, non si può parlare di plebiscito perché la partecipazione è stata notevolmente più bassa rispetto al 2013, ma le percentuali a favore di Renzi sono state più alte della media nazionale. Hanno sfiorato l’80 % con ben 165 mila voti validi. Il vincitore si gode il personale successo, ringrazia sostenitori e avversari e sostiene di non cercare personali rivincite. C’è però già chi scommette che dal momento della sua nomina ufficiale a segretario del Pd farà di tutto per riappropriarsi della scena politica cavalcando l’onda del successo delle primarie per arrivare a elezioni anticipate, logorando giorno dopo giorno il premier Gentiloni. Il quale, non avendo mai sgomitato per occupare la poltrona di presidente del Consiglio, è arrivato a palazzo Chigi quasi per “spirito di servizio” del Partito Democratico.

E se quest’ultimo risulterà alle prossime elezioni il partito più votato, il Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni Silverj, conte marchigiano imparentato con Vincenzo Ottorino Gentiloni, noto per l'omonimo patto che all'inizio del novecento segnò l'ingresso dei cattolici nella vita politica italiana, passerà le consegne al segretario del suo Partito, a quanto pare anch’egli di nobili natali:  come documentato nel volume “Le Famiglie di Firenze” edito dalla Casa Editrice Bonechi nel 1993 - all’epoca il neo eletto segretario del PD partecipava alla Ruota della Fortuna di Mike Buongiorno vincendo una cospicua somma di denaro – che descrive nei minimi dettagli lo stemma della famiglia Renzi: d’azzurro al monte a sei cime d’oro superato da un bisante dello stesso, alla banda di rosso. La famiglia è così descritta nell’imponente opera edita 25 anni fa e che raggruppa oltre 1600 famiglie fiorentine:  “Una famiglia di banchieri e cambiatori originata da un Renzo, vissuto tra la fine del Duecento e i primi del Trecento. Suo figlio Jacopo, immatricolato come cambiatore, affiancò all’attività bancaria quella mercantile, divenendo abbastanza ricco da imporre la sua influenza anche sul piano politico. In un primo tempo usò il proprio potere per favorire l’elezione di amici o soci ma poi, fortemente appoggiato dall’Arte del cambio, entrò personalmente nell’agone politico”. Insomma pare proprio che la politica fosse già a quel tempo nel Dna della famiglia Renzi, e pure una certa declinazione molto italica a sistemare i fedelissimi nella stanza dei bottoni. Fedeltà contro meritocrazia.

Il “nobile Renzi”, di nobili se ne intende, per averli frequentati e corteggiati durante il periodo di Sindaco di Firenze. Non è un mistero che la marchesa Bona Frescobaldi, oltre a vantare ottimi rapporti con la british royal family, abbia da sempre coltivato ottimi rapporti con le amministrazioni fiorentine di centro sinistra. Ma ad introdurre in società il giovane Matteo sono stati i Folonari, nella fattispecie Giovanna Folonari Cornaro, moglie del noto imprenditore Ambrogio Folonari, tra le più importanti famiglie di produttori di vino in Italia. La nobildonna fu ricompensata per aver introdotto Renzi nella società fiorentina con la nomina ad assessore al Turismo in Provincia di Firenze nel 2004. Ed è stato grazie alla sua rete di amicizie nella nobiltà fiorentina che l’allora sindaco trovò la sua prima casa fiorentina, a palazzo Malenchini, prima di trasferirsi nell'appartamento di via degli Alfani, pagato dall'amico Marco Carrai. Fu infatti Livia Frescobaldi ad affittare la mansarda di proprietà del marito marchese Luigi Malenchini. Ottanta metri quadri in uno dei palazzi più antichi di Firenze, costruito nel Trecento, a pochi metri da Palazzo Vecchio. Il rapporto di Renzi con le famiglie del vino si consolida fin dai tempi della Provincia, quando l’allora presidente sponsorizza eventi e mostre finalizzate alla promozione e sviluppo dei vini toscani. Da quel momento tutti i blasoni che contano sono tornati a mischiarsi con la politica cittadina. 

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