Quando la giustizia decide l’agenda della politica
Dopo 4 mesi, don Nicola Cosentino, ex capo del Pdl in Campania, ha lasciato la cella di Secondigliano ed è stato trasferito agli arresti domiciliari. Nello stesso giorno, a Palermo, il giudice Morosini ha deciso che occorrono nuove indagini per accertare se, molti anni fa, prima di salire in politica e di diventare Presidente del Senato, l'allora avvocato, don Renatino Schifani, ebbe, o meno, delle relazioni compromettente con i boss mafiosi.
A Napoli, intanto, la giunta, guidata da un'ex "toga rossa", ha perso un'importante assessora, donna Giuseppina Tommasielli, costretta a dimettersi, in seguito alle indagini sull'annullamento di alcune multe. Mentre la Questura ha interrogato la cugina di Gigino de Magistris, componente, come il fratello del Sindaco, del team dei collaboratori degli amministratori "arancione" della città del Golfo.
Ancora una volta, insomma, la politica è in affanno e la giustizia, non riformata dal Parlamento e lasciata senza coordinamenti e regole, scandisce e impone, con le sue decisioni, i tempi e le priorità ai modesti primi attori e alle comparse del teatrino parlamentare e regionale.
E, martedì prossimo, la Cassazione, accogliendo o respingendo il ricorso di Berlusconi contro la stangata a 4 anni di reclusione per i diritti Mediaset, scriverà una pagina politica molto più che giudiziaria. E influirà sulla tenuta del governo e sulla durata della legislatura.
E, mentre i partiti, divisi tra di loro e al loro interno, litigano e rinviano la soluzione dei problemi del Paese, la giustizia interviene e conquista le prime pagine, con le sue sentenze e le sue ordinanze, a volte condivisibili, più spesso discusse.
Insomma, 20 anni dopo le inchieste dei primi anni 90, che decapitarono la vecchia classe dirigente, sono ancora i magistrati, in primis quelli più politicizzati, a fissare le priorità dell'agenda del sempre più scricchiolante sistema parlamentare e istituzionale del Paese. E neppure Re Napolitano I è in grado di comporre, dal Quirinale, la lunga guerra tra l'ordine giudiziario e i nominati dai capataz dei partiti.
Pietro Mancini