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Politica
Quirinale, a Draghi non va giù la bocciatura e mette in atto la vendetta

Quirinale, solo Draghi non aveva capito l'impossibilità del trasloco al Colle

Premetto i fatti. Già settimane – forse mesi – prima che cominciasse la vicenda dell’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, ho ripetutamente scritto che in nessun caso il nuovo Presidente sarebbe potuto essere Mario Draghi perché la sua elezione avrebbe creato nel governo un tale sconquasso da far rischiare la fine della legislatura. Poco male, dirà qualcuno.

Poco male per noi cittadini, ma non per i peones che, con questa fine, avrebbero anche visto la fine dei loro stipendi e della loro pensione di parlamentari sicuri della non-rielezione. L’ho scritto una volta, due volte, tre volte, non so quante volte. Persino durante i giorni dell’elezione, pur sapendo quanto rischino i profeti.

Tanto da non aver capito il silenzio e l’ambiguità di Draghi, che ho attribuito al suo “stile”. Peraltro da me apprezzato. Ero così convinto del mio punto di vista che dapprima sono stato scettico quando, nel corso della votazione, alcuni parlavano del fatto che Draghi si dava da fare per essere eletto, fino ad avere dei contatti con i vari leader di partito.

Il problema di tutti, come è ovvio, non era la qualità del candidato (dal momento che Draghi è stimato da tutti, anche da chi non l’ha in simpatia) ma il fatto che, senza di lui, c’era il rischio che non si riuscisse a formare un nuovo governo. Con conseguente scioglimento delle Camere, nuove elezioni e – bisogna dirlo, a rischio di essere monotoni – danni irreparabili per molti parlamentari.

Ecco perché, mentre leggevo queste notizie, rimanevo scettico. Draghi è troppo intelligente – mi dicevo - per non sapere che tutto cede dinanzi all’interesse. E soprattutto lui non può offrire nessuna garanzia sul Dopo-Draghi. “Quand’anche i leader si mettessero d’accordo, e giurassero sulla testa della prossima vacca da macello che comunque non si andrà a nuove elezioni, chi potrebbe essere sicuro che manterranno la parola?”.

E allora pensavo che i peones si dicessero: “Chi ce lo fa fare di correre questo rischio? La stabilità dell’Italia perché Draghi è al Quirinale? E la stabilità del mio reddito dove la mettiamo? Che Draghi rimanga a Palazzo Chigi e così noi non corriamo rischi. Al limite confermiamo Mattarella, che lui sia d’accordo o no”.

Di tutto questo ero così sicuro che non mi sono affatto stupito, quando ho saputo che quei negoziati non avevano condotto a nulla. Lo stupefacente era che avessero avuto luogo. Che Draghi avesse potuto crederci. Tanto che, malgrado le mille voci, rimanevo scettico.

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