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Politica
M5S, post Di Maio a immagine e somiglianza di Conte,non barricadero alla Dibba

Di Marco Giannini, il grillin fuggiasco

Ieri 20 agosto 2019 è stato il giorno apicale della parlamentarizzazione della crisi, una giornata che, secondo il mio modestissimo parere, passerà alla storia come un pirotecnico regolamento di conti tra 5s e Salvini e perché, con estrema probabilità, sarà il viatico per la mutazione del Governo da gialloverde a giallofucsia (rosso sarebbe fuorviante) al netto del benestare del Presidente della Repubblica Mattarella, europeista ma notoriamente ed operativamente atlantista. A tal proposito proprio ieri un accorato Donald Trump ha descritto Salvini e Di Maio come due giovani volenterosi ma impetuosi che per il bene dell’Italia dovrebbero fare pace. Questa posizione oltre ad inquietarmi “dal punto di vista della Goldman Sachs” e dello spread, l’ho letta maliziosamente come matrice del tentativo di riavvicinamento andato a vuoto del cavallo trumpiano Salvini con Conte. In data 20 agosto 2019 mi sono visto tutti gli interventi in Parlamento a parte quello del superfluo Aldo Grasso (neanche a farlo apposta, mi stavo facendo la doccia...) e quindi, mi adopererò per “sfrondare le apparenze”, per rivelare anche ai meno maliziosi gli stratagemmi generali messi in atto nella battaglia tra le forze in campo.

Visto che ieri tutti hanno fatto riferimento alla religione cattolica io voglio essere “alternativo” e ricordo che nel mio saggio mi definii un Ermes, il messaggero degli dèi pagani: prendevo il difficile (degli dèi economici) e lo rendevo comprensibile (agli umani)! Eseguirò in modo sintetico la stessa operazione di trasparenza e comprensione che misi in atto ai tempi ma in un campo differente, il tutto si snoderà in una personalissima forma di “educazione alla comunicazione” applicata al politichese tanto per citare un capitolo della materia didattica.

Come c’era da attendersi il Movimento 5 Stelle se l’è giocata, e pure bene, vestendo i panni dell’Istituzione “Presidente del Consiglio”, in altri termini della professionalità, della distanza dal caos di Conte, della differenza. Questa impostazione ha pervaso tutta l’aula e lo stesso termine erroneo di “Premier” legato ai fasti berlusconiani ed alla 2° Repubblica è stato evitato venendo percepito come approssimativo. Tra una citazione e l’altra Giuseppe Conte è stato prodigioso a menare fendenti personali e politici al vicepremier leghista sempre apparendo tuttavia composto, alto, forse anche troppo stereotipato; l’incedere della narrazione del Presidente del Consiglio faceva apparire Matteo Salvini un uomo fuori posto, un pugile suonato, un asino (politico) interessato solo al potere a discapito degli italiani. Se Atene piangeva Sparta non rideva e l’altro vicepremier, il povero Luigi Di Maio, svaniva ingessato in un sorrisetto nervoso, un prodotto vuoto, in liquidazione.

Il post Di Maio quindi non sarà “barricadero” alla Di Battista ma avrà l’immagine e somiglianza, tanto per allinearmi “al sacro”, di Giuseppe Conte. A coronamento di questo siparietto, trascinato dalla scia del Presidente del Consiglio pentastellato, perfino il leghista Giancarlo Giorgetti si è prodigato in uno spontaneo plauso. Mediante un lodevole sforzo di razionalità Matteo Salvini si è scosso, grazie anche al sostegno dei suoi Senatori, è intervenuto con la stessa ricetta cui deve il suo successo mediatico, la pancia, ma ciò stavolta non poteva bastare e non è bastato. Anziché rimarcare come da gennaio sia stato bersaglio di larga parte del M5s, ha cercato di difendersi con la versione “m5s = molti no” ma questo racconto è parso approssimativo, forzato e lo è per davvero visti gli strumenti di lavoro approvati.

Se fossi stato il leader leghista, oppure un Bagnai, avrei stupito l’avversario con tematiche più tecniche rimanendo però nel comprensibile, avrei detto molto più chiaramente che il problema è Tria o meglio chi ordina (Draghi/Giorgetti?) il da farsi a Tria e che in gioco proprio per questo c’è il futuro delle presenti e future generazioni. L’ 1.8% di deficit/Pil inseguito dal Ministro dell’Economia infatti ricade sempre nel paradigma sbagliatissimo (vedasi errore madornale di Rogoff-Reinhardt) dell’austerity, in altre parole ricade nell’impedimento alle politiche espansive che, guarda caso, una Germania in recessione adesso chiede a gran voce! Mi direte che è facile parlare dopo ma vi rispondo che io notoriamente mi esprimo prima e mi sarei comportato così leggendo prima la situazione. Le sorprese non sono tuttavia finite qua ed al di là del mio essere il prototipo di “cane sciolto del nuovo millennio” e quindi al netto di personalissime posizioni politiche, non posso che essere campanilisticamente soddisfatto che le ciliegine finite sulla torta politico-dialettica della giornata di ieri, siano provenute dalla Toscana (Renzi - PD), dalla lucchesia (Marcucci - PD) e dalla mia Versilia (Mallegni – FI).

Soprattutto Matteo Renzi e Massimo Mallegni apparivano in forma smagliante e perfino divertiti nel ruolo inedito di outsiders. Renzi ha reso Zingaretti un tremolante ologramma e Mallegni si è candidato come figura emergente del post Berlusconi, come talento del centro destra italiano e di quella piccola imprenditoria che Forza Italia ha perso negli anni in favore della Lega. Ovviamente per collocazione politica il fiorentino ha espresso considerazioni filo ONG mentre Mallegni ha fatto l’opposto, il tutto condito di qualche battuta gradevole, vista la provenienza territoriale dei due!

Il 20 agosto 2019 quindi ha aperto probabilmente uno squarcio sui futuri attori della "Democrazia" italiana ed è stata una spettacolare giornata di politica, forse anche per i non appassionati.

Voglio concludere la disamina però con un plauso a Ignazio La Russa, vecchio leone e da una posizione politica, la mia, non certo a lui vicina.

In tutta questa orgia di strategie comunicative egli ha risposto con una disarmante semplicità ed incisività mettendo in piazza la patata bollente che Conte, nel suo discorso, era riuscito ad occultare. La Russa ha dichiarato di essere dotato di una sì modesta intelligenza ma che essa non è del tutto assente! Per l’esponente di FdI è scandaloso ed opportunista che Conte abbia lavorato mesi considerando Salvini incapace, irriguardoso, furbo, irresponsabile, vacanziero, usurpatore, anticostituzionale, disertore sulla Russia, autoritario, quasi fascista. Un soccorso nemmeno troppo velato a Salvini che ci lascerà con due curiosità: è questa l'anticamera del futuro blocco populista? Cosa diranno i sondaggi tra una decina di giorni quando avranno digerito i riflessi di questo 20 agosto 2019?

 

 

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