Riforme, #renzicomeunacyclette Di Pietro Mancini
Matteo Renzi non si era presentato, al Paese, nel dopo-Bersani, come il campione del rinnovamento, della rottamazione dei vecchi brontosauri? E adesso, invece, viene dipinto come il giovane e rampante premier, che governa, anzi, andreottianamente tira a campare, grazie a un patto d'acciaio con Berlusconi, il cui partito ha perso milioni di voti, è stato colpito da inchieste e arresti e che utilizza il suo potere di veto sui provvedimenti, che affosserebbero B. e la sua azienda.
Si tratta di un "paradosso felice", come lo ha definito Polito sul "Corriere della Sera", o di una ferita alla democrazia che, lo ha rilevato Travaglio, dovrebbe essere, in primis, rispetto delle critiche e delle minoranze? Tutti infami gufi e astiose civette quanti criticano, civilmente ma senza sguardi adoranti, come la Picierno e la Madia, i progetti di Renzi? Dalla liquidazione dei vecchi mandarini dei partiti è, dunque, spuntato il mutuo sostegno tra l'eterno Uomo di Arcore e il giovin ex Sindaco, che diventò primo cittadino di Firenze, anche grazie all'abile Verdini, il quale non sostenne il candidato forzista, Giovanni Galli? Questa "conventio ad escludendum" non ha mai ricevuto il disco verde degli elettori.
Presidente Napolitano, meglio salvare una legislatura nata morta, che si trascina tra blitz, penultimatum, di mastelliana memoria, e scontri parlamentari, anche fisici, o ridare le schede agli italiani?
Pietro Mancini