Politica
Sul 'Recovery' l'intesa si troverà. Ma cresce l'ipotesi crisi a gennaio

Ecco che cosa accade dietro le quinte in queste ore frenetiche
"Oggi non succede nulla". E' lapidario il messaggino che arriva ad Affaritaliani.it alle ore 10.44 da una fonte qualificata della maggioranza direttamente impegnata nelle difficili trattative sul Recovery Fund/Plan. Certo, la tensione stavolta è davvero altissima. La ministra renziana Elena Bonetti ha affermato che lei e la collega di partito Teresa Bellanova sono pronte a dimettersi aprendo così di fatto la crisi. Mentre l'ex premier e leader di Italia Viva fa trapelare il nome di Mario Draghi per ritrovare la coesione nazionale e per tranquillizzare l'Unione europea. Penultimatum e siluri che fanno parte della trattativa e del confronto. Sulla riforma del Mes ormai si va dritti verso il via libera anche a Palazzo Madama con i ribelli pentastellati che sono quasi tutti rientrati nei ranghi dopo l'estenuante mediazione portata avanti per tutta la giornata di ieri.
Ora i problemi arrivano semmai da Italia Viva e dall'ormai famoso no renziano alla cabina di regia proposta dal presidente del Consiglio. Il Cdm è stato rinviato continuamente e dovrebbe tenersi in serata dopo il passaggio parlamentare con le comunicazioni di Giuseppe Conte in vista del vertice europeo. "Lo stallo rientra sulla base di quello che dirà il primo ministro", spiega ad Affaritaliani.it il deputato di Italia Viva Gennaro Migliore. "Noi auspichiamo fortemente che tutto rientri, ma servono risposte serie sul Recovery e un approccio differente". Il clima che traspare anche dalle telefonate con senatori e deputati Dem e 5 Stelle è quello della ricerca della quadra e non della rottura immediata.
Nulla si può escludere ovviamente, ma tutto lascia pensare che alla fine i partiti della maggioranza troveranno l'intesa per sbloccare la situazione, con l'ok alla riforma del Mes e un compromesso accettabile anche per Renzi sul piano per accedere ai fondi Ue. D'altronde, fanno notare sia dal Pd che dal M5S, non avrebbe senso aprire la crisi oggi con il rischio di perdere il treno del Recovery e soprattutto con la quasi certezza di non riuscire ad approvare entro il 31 dicembre la Legge di Bilancio consegnando quindi il Paese all'esercizio provvisorio.
Nessuna forza politica, nonostante tutto, si potrebbe assumere una responsabilità così grande. E anche la richiesta del ministro della Salute Roberto Speranza di prevedere più fondi per la Sanità rispetto ai 9 miliardi messi ora sul tavolo viene derubricata da fonti Dem e M5S come "non esplosiva". L'ipotesi su questo fronte è che si possa trovare l'ennesima mediazione con 10,5 miliardi per il sistema sanitario.
Fatto sta però che ormai il rapporto tra renziani e premier e tra renziani e il resto della maggioranza è logoro. Se il leader di IV ha fatto trapelare il nome di Draghi non è per caso, ma sembra quasi prepararsi allo scenario nuovo che potrebbe aprirsi a gennaio, dopo le feste natalizie. Messi al sicuri i fondi europei e la manovra economica, l'ipotesi che viene definita "possibile" da fonti renziane è proprio quello di una crisi di governo e della proposta del traghettatore Draghi per gestire il piano di vaccinazioni degli italiani contro il Covid e la gestione del Recovery. Anche se i punti di domanda sono numerosi.
Molti 5 Stelle potrebbero anche accettare (almeno quelli vicini a Luigi Di Maio e Vito Crimi), spaventati dall'idea di un forte ridimensionamento in caso di elezioni (e dalla spada di Damocle del vincolo del doppio mandato), ma dal Pd fanno sapere che se Renzi rompesse a gennaio a quel punto non sarebbe affatto detto che Nicola Zingaretti sia d'accordo a dar vita a un nuovo esecutivo. Il Pd potrebbe anche far sponda con Lega e Fratelli d'Italia (Silvio Berlusconi sarebbe certamente uno sponsor dell'ex presidente della Bce) e correre al voto prima del semestre bianco intestandosi la bandiera dell'Europa, contro i sovranisti di destra, e della responsabilità, contro i riottosi renziani e i lacerati grillini. Insomma, tutto lascia intendere che, appunto, "oggi non succede nulla", ma la crisi rischia solo di essere rinviata di un mesetto.