Politica
Usa-Cina, cauto ottimismo a Palazzo Chigi dopo il vertice Trump-Xi. Ipotesi tregua modello Gaza, Meloni in prima fila come in Egitto
Soldati italiani? Solo con una missione sotto bandiere Onu

Trump e Xi Jinping (Foto Lapresse)
Il faccia a faccia tra Trump e Xi visto dalla premier Meloni. Inside
Moderato ottimismo a Palazzo Chigi per l'esito del faccia a faccia durato due ore circa tra il presidente Usa Donald Trump e il suo omologo cinese Xi Jinping. L'accordo sulle terre rare e l'addolcimento dei dazi messi dal tycoon fanno ben sperare. Una schiarita tra le due superpotenze globali non può che far bene anche all'Unione europea e quindi al principale alleato della Casa Bianca nel Vecchio Continente, il governo guidato da Giorgia Meloni.
Particolarmente importante viene ritenuto l'annuncio che Usa e Cina "lavoreranno insieme per raggiungere almeno il cessate il fuoco" in Ucraina. La presidente del Consiglio, distante dalle posizioni filo-russe di Viktor Orbàn ma comunque non convinta per niente della strategia aggressiva dei cosiddetti Volenterosi guidati da Emmanuel Macron e Keir Starmer contro il Cremlino, sa perfettamente che l'unico in grado di fermare Vladimir Putin è proprio Xi. E la Cina ha già lanciato un segnale chiaro a Mosca fermando l'import di petrolio russo dal mare.
Più Trump si avvicina a Pechino e più Mosca resta isolata e con le spalle al muro. Certamente il presidente cinese non abbandonerà lo zar completamente ma potrebbe spingerlo a congelare il fronte e ad arrivare a un cessate il fuoco che sterilizzi l'attuale fronte. Poi partirebbero trattative, con il sempre possibile incontro Trump-Putin nella "neutrale" Ungheria (Paese Nato vicino a Mosca) per siglare l'intesa. Zelensky ormai ha ben capito che dovrà cedere dei territori, non solo la Crimea (scontato), ma anche una parte importante del Donbass conquistato dalle truppe russe con numerose perdite.
Gli ucraini sono determinati ma stanchi da una guerra lunghissima e vogliono tornare alla vita normale. Poi ci sarà tutto il capitolo della ricostruzione e dell'invio di eventuali truppe di interposizione per mantenere la pace o la tregua modello coreano. Meloni ha più volte ribadito che nessun soldato italiano verrà inviato al fronte, ma il nostro Paese - presto per fare previsioni - potrebbe partecipare a una missione sotto le bandiere dell'Onu, ipotesi ancora lontana ma sul tavolo. Intanto il disimpegno degli Stati Uniti dall'est Europa, iniziato con il ritiro delle truppe americane dalla Romania, pone i Paesi dell'Unione di fronte alla responsabilità diretta di garantire la sicurezza dei confini.
Il ministro degli Esteri russo Lavrov ha annunciato che Mosca è pronta a mettere per iscritto che mai attaccherà un Paese Nato, anticipando così i sorrisi e le strette di mano tra Trump e Xi. Insomma, nonostante la cautela sia massima, visto il sostanziale fallimento del vertice Usa-Russia in Alaska di Ferragosto, a Palazzo Chigi e in ambienti vicini alla premier impegnati sui dossier internazionali inizia a circolare un cauto ottimismo su una possibile soluzione a breve, prima di Natale, in Ucraina sul modello del Medio Oriente.
Una tregua, fragile, ma sempre meglio che la guerra quotidiana con vittime spesso civili. E ovviamente l'Italia, con il canale privilegiato di Meloni con il tycoon, grazie anche al rapporto stretto con il cattolico vice-presidente Usa JD Vance, sarebbe protagonista in prima fila, come è stata in Egitto. Alla faccia del nemico-rivale Macron, debolissimo in patria, che ipotizzava di estendere lo scudo nucleare a tutta l'Europa, figlio della 'grandeur' francese ormai morta e sepolta.
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