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Ex-Ilva, Mazzarano: 'Un errore fidarsi di Arcelor Mittal'
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Il consigliere regionale del Partito Democratico, Michele Mazzarano, è intervenuto sulla vertenza della grande industria a Taranto, che rischia di essere  all’ultimo atto. 

“La notizia della mancanza di volontà da parte di Arcelor Mittal di partecipare all’aumento di capitale per l’ex Ilva e la richiesta allo Stato di trasformare il prestito ponte di 680 milioni in capitale, con il conseguente ingresso del socio pubblico in maggioranza, rende concreto il rischio di chiusura dello stabilimento siderurgico"

"Oggi appare più che mai evidente che l’obiettivo di Arcelor Mittal  fosse, sin dall’inizio, quello di azzerare la concorrenza in Europa nel mercato dell’acciaio, portando alla neutralizzazione del sito tarantino. Finora su questa vertenza strategica di politica industriale sono state fin troppo palesi le divergenze all’interno del Governo Meloni. La scelta di affidare il dossier ex Ilva al Ministro Fitto, che ha mantenuto un dialogo dai contenuti riservati col socio privato - sperando in una maggiore assunzione di responsabilità dello stesso - si è rivelato un tragico errore".

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"Il progetto di decarbonizzazione, avviato e sostenuto dai Governi precedenti, è stato stralciato dal Ministro Fitto che ha tagliato dal Pnrr il primo dei cinque miliardi necessari per far partire la nuova tecnologia del DRI  (riduzione del ferro)".

"Il quadro attuale della fabbrica è desolante: produzione che si aggira attorno ai tre milioni di tonnellate, rispetto ai quattro previsti per la fine del 2023, ed una vasta platea di lavoratori in bilico: diretti, appalto e ex Ilva in Amministrazione Straordinaria. Incombe inoltre il grande problema della fornitura del gas, garantita solo fino al 10 gennaio prossimo".

"Di fronte a questa situazione, in cui il pubblico è diventato ostaggio della multinazionale - ha concluso Mazzarano - cosa pensa di fare il Governo per evitare questa bomba sociale oltreché economica? Bene ha fatto il Gruppo parlamentare del Pd e l’onorevole Stefanazzi a chiedere a Fitto di spiegare in Parlamento cosa sta accadendo e come pensa di procedere ora che siamo alla resa dei conti”.

Anche il consigliere e commissario regionale di Azione Fabiano Amati, nonché i consiglieri regionali Sergio Clemente e Ruggiero Mennea, capogruppo, e il responsabile regionale industria di Azione Nicola Di Donna, con una nota sono intervenuti sul tema.

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“Lo stabilimento ex ILVA sta spirando. E se muore, muore la produzione di acciaio del Paese e molta parte dell’economia pugliese, innescando una catastrofe ambientale. Serve perciò alzare il tono dell’iniziativa, cominciando col convocare un Consiglio regionale straordinario, aperto ai ministri Giorgetti, Fitto e Urso, e ai parlamentari pugliesi. Lo abbiamo chiesto con una nota inviata alla Presidente Capone, su cui speriamo di ottenere la sottoscrizione di tutti i colleghi.” 

“In questo momento potremmo sederci, accavallare le gambe e dire: ‘l’avevamo detto’, ‘avevamo avvertito’. Avevamo detto di non cambiare le condizioni del contratto con Arcelor Mittal, altrimenti sarebbe stata la fine; avevamo detto di non offrire ragioni di disimpegno o pretesti ad Arcelor Mittal, modificando una norma ovvia, una mera replica del codice penale in materia di colpevolezza, travestendola da scriminante per eccitare le paure delle persone; avevamo detto che il disimpegno dei manager Arcelor Mittal dagli stabilimenti di Taranto era un chiaro indizio di abbandono; avevamo detto che Arcelor Mittal aveva abbandonato ogni interesse per l’Italia, provato dall’accordo con il Governo francese per gli investimenti di decarbonizzazione in quel Paese; avevamo detto, anche promuovendo un’audizione in Consiglio regionale con Franco Bernabè, che la chiusura dello stabilimento equivale all’innesco di una bomba ambientale con esiti catastrofici". 

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"Avevamo detto questo e altro. E ora rischia di tornare tutto - ahinoi! - esattamente come l’avevamo previsto. Per questo, ora che c’è ancora (forse) un po’ di tempo, bisogna fare qualcosa di straordinario, compresa l’ipotesi di assumere la fabbrica nel pieno dominio dello Stato, per poi cederla in rinnovata salute a un privato, salvando più o meno tutto il salvabile e smettendola di sperperare, infruttuosamente, soldi prelevati dalle tasse dei cittadini. E pure questo lo avevamo detto e lo ribadiamo, affinché non sia inserito nell’elenco dell’ultimo ‘l’avevamo detto’.”

(gelormini@gmail.com)

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