Natuzzi, finalmente l'accordo
Cgil: "Lavoro, non solo sussidi"

Bari – Sarebbero oltre 24.000 i posti di lavoro persi negli ultimi due anni in Puglia, secondo una ricerca effettuata dal Dipartimento mercato del lavoro del sindacato Cgil Puglia, di cui il 47% circa sul territorio di Bari. Alcuni tra questi lavoratori sono stati collocati in mobilità ordinaria con un sostegno al reddito ex L.223/91, altri in mobilità senza indennità ex L.236/93 con la chiara beffa del beneficio fiscale e contributivo cancellato, dalla legge di stabilità 2013, per le imprese che assumono questi lavoratori.
I fruitori di ammortizzatori sociali in deroga sarebbero quindi destinati a crescere, aggiungendosi ai già circa 44.000 in Puglia. Secondo anche un report dell’assessorato al lavoro della Regione Puglia, il numero di lavoratori coinvolti per cassa integrazione in deroga e per mobilità in deroga, che ad oggi hanno impegnato risorse per €114.360.339, aumenterà: sulla base dell’anno 2012 potrebbero richiedere un fabbisogno stimato complessivo fino alla fine del 2013 di circa €240.000.000. Un’analisi dei dati sul mercato del lavoro pugliese, purtroppo, piuttosto parziale: “Non tutte le province – lamenta Cgil Puglia - negli anni scorsi hanno provveduto a dotarsi dell’osservatorio del mercato del lavoro e pertanto ad oggi non si è in grado di verificare, anche attraverso il lavoro dei Centri Territoriali per l’impiego (ex collocamenti) trimestre per trimestre, l’andamento degli avviamenti e delle cessazioni dei rapporti di lavoro”.
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“Le situazioni di crisi – spiegano Massimo Di Cesare, Responsabile MdL Cgil Puglia, e Giovanni Forte, Segretario generale Cgil Puglia - presenti in ogni provincia non aiutano, anzi ci consegnano un quadro ancora più allarmante: le vicende dell’Ilva e il suo indotto, Miroglio, OM, Vestas, sono tutte situazioni che non devono essere più gestite nella emergenza ma che meritano una risposta complessiva con una visione non solo di nuova politica industriale, così come l’abbiamo conosciuta tradizionalmente, ma con un approccio che tenga insieme le ragioni del lavoro, delle imprese e dei cittadini, anche perseguendo l’ambientalizzazione dell’apparato produttivo, dei centri urbani, fino alla RSI delle imprese”.
A preoccupare ulteriormente i sindacati l’insufficienza di risorse sia sul versante degli ammortizzatori sociali in deroga - per rispondere alle esigenze e al fabbisogno fino alla fine del 2013 occorrerebbero almeno altri 140milioni di euro -, sia sul versante del Piano Straordinario per il Lavoro: “Appaiono davvero irrisori i circa 5 milioni di euro per la Dote Occupazionale (di cui ancora non è stato pubblicato il bando) utile a sostenere la ricollocazione dei lavoratori con il meccanismo degli incentivi alle imprese, come anche i 10,8 milioni di euro impegnati per il sostegno al reddito risponderanno solo ad una parte della platea”. Quali le soluzioni, allora, secondo il sindacato pugliese? Una rilettura critica del Piano Straordinario in primis, accelerare la spesa sul residuo della programmazione 2007-2013 e sviluppare accordi territoriali.

Novità, nel frattempo, per quanto riguarda la vertenza Natuzzi: l’accordo è stato finalmente raggiunto. Il ritorno delle produzioni dalla Romania negli stabilimenti di Puglia e Basilicata non appare più una soluzione di fantasia. Gli esuberi strutturali si riducono subito, quindi, da 1.726 a 1.506. Di questi, altri 650 saranno rioccupati entro il 2014, altri 200 entro il 2018, con la creazione di due newco. “Mobilità volontaria per circa 600 persone”, spiega la Feneal-Uil, parlando di "accordo storico". L'intesa sarà firmata oggi al Ministero dello Sviluppo economico.
“Dei 1.726 esuberi strutturali inizialmente annunciati dall’azienda dei divani - spiega il segretario della Feneal-Uil, Fabrizio Pascucci - 220 saranno subito ricollocati nello stabilimento di Jesce (Matera), dove invece era stata quasi azzerata la produzione, recuperando così anche questo sito e riducendo da subito gli esuberi a 1.506. Di questi, 500 lavoratori saranno rioccupati entro il 2014 riportando lavorazioni dalla Romania (dove il sito non sarà comunque chiuso) in Puglia e in Basilicata, con la costituzione di una nuova società a gennaio: l’indicazione dei sindacati è di puntare soprattutto su Ginosa (Taranto), dove la fabbrica entro novembre sarà chiusa, in modo da rimetterla in piedi con la newco. Altri 200 lavoratori saranno recuperati entro il 2018, sempre nell’ambito di questa newco”. “Ancora altri 150, con la creazione di una seconda newco, saranno rioccupati sempre entro il 2014. Inoltre - conclude Pascucci - per circa 600 persone è prevista la mobilità volontaria, con un esborso da parte dell’azienda di circa 18 milioni (in media 30mila euro lordi a lavoratore)”.