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Sport
Olimpiadi, al CIO il "caso Italia": andremo a Tokyo senza inno e bandiera?
Il ministro dello Sport Vincenzo Spadafora (Lapresse)

Gli sportivi italiani guardano al 2021 con la speranza di poter recuperare i due grandi eventi slittati a causa del Covid-19: gli Europei di calcio e le Olimpiadi di Tokyo.

Ma l'andamento della curva dei contagi non è l'unico ostacolo, per quanto riguarda l'Italia: il nostro Paese è infatti alle prese con un problema politico rappresentato da una riforma dello sport che non ha sciolto il nodo cruciale della governance.

Se la questione non verrà risolta, magari con un decreto ad hoc, c'è la concreta possibilità che il Comitato Olimpico Internazionale, che si riunirà il 27 gennaio proprio per discutere del “caso Italia”, possa adottare sanzioni pesanti nei nostri confronti: come paventato già nel luglio 2019, potrebbe persino costringere i nostri atleti a gareggiare senza l'inno di Mameli e l'esposizione del tricolore, finendo sotto l'anonima bandiera dello stesso CIO.

Perchè si è arrivati a questa situazione? Il problema è cominciato con il Governo M5S-Lega, quando l'allora sottosegretario Giancarlo Giorgetti, che aveva la delega allo sport, introdusse un nuovo soggetto: la società Sport e Salute, alla quale nei fatti sono state attribuite alcune funzioni precedentemente attribuite al Coni.

Quest'ultimo, ovviamente, non è stato a guardare: il suo presidente Giovanni Malagò si è rivolto al CIO, delineando questa scelta del Governo Conte I come una violazione del fondamentale principio di autonomia dello sport rispetto alla politica. Quello che molti superficialmente consideravano come uno dei numerosi conflitti di potere che caratterizzano il nostro Paese è invece un vulnus ben più profondo che, se non risolto per tempo, potrebbe appunto portare all'umiliazione della privazione di bandiera e inno per i nostri atleti olimpici.

Il CIO lo ha scritto piuttosto chiaramente nella sua già citata lettera dell'estate 2019, richiamandosi alle regole olimpiche che prevedono la “neutralità politica” dei soggetti aderenti. In quello stesso periodo si è arrivati alla fine del Governo Conte I, ma se la Lega puntava con decisione a nuove elezioni il M5S ha dato vita ad un'inedita alleanza con il Pd, dalla quale è scaturito il Conte II.

Con Vincenzo Spadafora nominato ministro dello Sport, la nuova maggioranza ha dovuto rimettere mano alla regolamentazione della materia. L'esito del confronto politico è stato decisamente positivo su alcuni aspetti come il professionismo femminile e l'inquadramento professionale dei lavoratori del settore, ma non si è trovata una sintesi sul punto numero uno, riguardante appunto la governance.

Adesso il tempo stringe e il ministro si trova di fronte alla necessità di trovare una via d'uscita che non è certo scontata, in quanto presuppone un accordo politico che soddisfi tutte le parti in causa: il CIO, ovviamente, ma sul fronte interno sia Coni che Sport e Salute, che al momento sono su posizioni contrapposte. E se il Governo stesso ha più di un problema di coesione, ci vorrà davvero un capolavoro di diplomazia per evitare una sanzione che certo non gioverebbe all'immagine del nostro Paese.

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