Finanza
La consulenza finanziaria indipendente

La precedente direttiva europea sui servizi d'investimento aveva introdotto la consulenza finanziaria fra i servizi d'investimento per i quali è prevista una autorizzazione, ed aveva previsto che possono svolgerla, come unico servizio d'investimento, anche dalle piccole società e/o persone fisiche come liberi professionisti.
Nel recepire la direttiva, il Parlamento italiano valutò di eliminare le persone fisiche e le piccole società da questa attività, ma fortunatamente una serie di iniziative politiche volte a far capire ai parlamentari che stavano violando la direttiva comunitaria riuscirono ad evitare questo errore e passò la norma che prevedeva l'istituzione di un Albo di consulenti finanziari persone fisiche.
Dal 2007 in poi, e in particolare negli ultimi tre governi, si è tentato di definire le modalità di iscrizione all’Albo, ma i rinvii sono stati tanto numerosi da far pensare che la volontà politica si sia affievolita molto. La Commissione Finanze del Senato continua a portare avanti l’esame del disegno di legge, ma evidentemente il governo frena sull’iter.
“I requisiti prevedevano l’indipendenza oggettiva dei consulenti rispetto agli intermediari finanziari, cioè non devono esserci collegamenti professionali e neppure parentali con banche, società d'intermediazione mobiliare e simili” ci conferma Alessandro Pedone di ADUC, una delle principali associazioni senza fini di lucro che si occupa di tutelare il risparmio privato “L'albo non è mai partito perché in questi quasi 10 anni sono sempre state opposte questioni di mancanza di fondi. E questo, di fatto, ha impedito lo sviluppo di una professione che avrebbe potuto dare un contributo determinante alla tutela degli investitori. Perché i pochissimi che già facevano la professione potevano continuare in regime di proroga in attesa dell'albo, ma tutti gli altri che volevano iniziare -di fatto- non potevano farlo.”
Oggi il disegno di legge in Parlamento prevede l'istituzione di un unico Albo che dovrà racchiudere i Promotori Finanziari, i Consulenti Finanziari Indipendenti e le Società di Consulenza Finanziaria Indipendente. Il disegno di legge prevede di definire i Promotori Finanziari, che secondo la normativa europea sarebbero “agenti collegati”, come “Consulenti Finanziari” e continua a chiamare i “Consulenti Finanziari Indipendenti” come tali, mantenendo l'aggettivo “indipendente”.
Il relatore in commissione finanza, per un incomprensibile cavillo, ha presentato un emendamento mirato ad eliminare la parola “indipendente” dal testo per sostituirla con la macchinosa locuzione “in regime di esenzione”, come se questa definizione meglio chiarisse ai cittadini la differenza fra le due tipologie di consulenti, l’una indipendente, l’altra no. Anche la Consob, che pure ha interesse a tutelare i cittadini, e si propone anzi come organismo di conciliazione, pare accettare questa bruttura: speriamo invece che il buon senso prevalga, e si torni a quanto correttamente espresso nella normativa europea, a beneficio dei risparmiatori. Inoltre per la prossima estate è prevista un’altra normativa europea sulla consulenza, annunciata dall’Esma European Securities and Markets Authority, l’organismo europeo di controllo sui mercati finanziari.
E’ umano e comprensibile che i Promotori Finanziari, che si dovrebbero chiamare secondo la normativa europea “agenti collegati”, vogliano essere meglio qualificati in Italia con il termine Consulenti Finanziari, definizione certo più “nobilitante”, ma non si capisce perché i Consulenti Finanziari Indipendenti, come riconosciuti dalla normativa europea, debbano invece perdere ufficialmente la loro caratteristica di indipendenza, per chiamarsi “Consulenti in regime di esenzione”.
Che cosa significa per il cittadino “regime di esenzione”? E’ così che si fa cultura finanziaria in Italia? Adesso la parola passa alla Camera in seduta plenaria. Vediamo se correggeranno questa ingiustificata stortura.