Finanza
La riforma delle Bcc
Le società cooperative in Italia hanno, come le società per azioni, un capitale sociale costituito dalle azioni dei soci. Non hanno però come obiettivo quello di distribuire un guadagno sotto forma di dividendo, ma piuttosto quello di offrire ai soci il proprio prodotto o il proprio servizio a condizioni “vantaggiose”.
La cooperativa è quindi una società di persone che persegue ovviamente obiettivi di natura economica, dal momento che è sul mercato. Mira a raggiungere il massimo livello di produttività e redditività per assicurare, come obiettivo a lungo termine, la continuità della cooperativa. La differenza rispetto alle altre forme societarie sta nella centralità della persona, nella diversa motivazione sociale del profitto e nel legame con valori di solidarietà, partecipazione, associazionismo. La caratteristica principale è basata sul principio "una testa, un voto". Il credito cooperativo è un sistema a rete composto da circa 370 banche di credito cooperativo-casse rurali (casse Raiffeisen in Alto Adige).
La riforma approvata fra marzo e aprile consiste sostanzialmente nell'obbligo per le Bcc di entrare a far parte di un gruppo bancario che abbia come capofila una società per azioni con un patrimonio superiore a 1 miliardo di euro, altrimenti si perde la qualifica di Bcc.
E’ chiaro quindi come il governo voglia ottenere in tempi brevi l’aggregazione delle Bcc e la creazione di una holding unica nazionale in grado di raggruppare praticamente tutte le banche di credito cooperativo, con un patrimonio di quasi 20 miliardi di euro, detenuto in maggioranza dalle stesse banche, ma aperto a una quota di minoranza ceduta sul mercato dei capitali o a gruppi bancari cooperativi europei, fondazioni, ecc.
La holding eserciterà poteri di controllo e coordinamento sulle attività delle singole banche, attraverso dei contratti di coesione, con poteri che potranno variare per ciascun istituto, a seconda del suo grado di rischiosità, misurato in base a parametri oggettivi. La holding potrà anche finanziare le singole Bcc, per le quali è prevista la modifica del numero minimo di soci e del limite massimo all'investimento in azioni, in modo da rafforzare il patrimonio di quegli istituti non adeguati alle esigenze attuali.
E’ prevista però un’importante eccezione. Non tutte le Bcc saranno obbligate a far parte della holding, a patto di avere riserve pari ad almeno 200 milioni di euro e di versare su di esse un'imposta straordinaria del 20 per cento. Oggi una decina le banche rientrano nel parametro, ma il governo prevedeva al momento del varo della normativa che solo pochissime avrebbero optato per questa modalità.
Invece, pur con polemiche e critiche sulla gestione dell’anno recedente da parte di alcuni soci, già la stragrande maggioranza dei presenti alla prima assemblea di una importante Bcc, la Banca Centropadana con nuova sede a Lodi, ha contraddetto a fine aprile le previsioni del Governo e si è stretta intorno al Presidente Serafino Bassanetti nel mantenere l’indipendenza e lo spirito cooperativo che aveva portato alla creazione dell’Istituto.
”Il voto capitario è uno strumento che mostra i suoi limiti” ha detto in assemblea Adriano Croce antagonista della gestione Bassanetti “I soci in effetti non partecipano a niente e non contano nulla. Abbiamo tassi debitori per i soci più alti di altri istituti mentre ci sono spese milionarie per la sede di Lodi”. Invece il Cda uscente è stato riconfermato per dieci undicesimi, con l’ingresso di un indipendente e nessun posto per il gruppo che si contrapponeva alla vecchia dirigenza. Il presidente Serafino Bassanetti ha risposto alle critiche “Non c’è volontà di escludere nessuno, altrimenti non avremmo aperto a tanti nuovi soci. Noi apriamo la porta a tutti, siamo tutti soci uguali”.