Tornano in auge le obbligazioni high yield - Affaritaliani.it

Finanza

Tornano in auge le obbligazioni high yield

Con i rendimenti dei titoli di Stato che, anche in Italia, sono finiti sotto lo zero, con il mercato immobiliare statico e con quello azionario sempre più pericoloso, l'interesse degli investitori torna a muoversi nella direzione delle obbligazioni high yield, cioè quelle obbligazioni, emesse prevalentemente da soggetti privati, che a causa dell'elevato tasso di rischio offrono un rendimento superiore rispetto a investimenti ritenuti più sicuri, come ad esempio le obbligazioni dei Paesi sovrani o delle Istituzioni sovranazionali (le tipiche tripla A).

Per riconoscerle viene generalmente preso in considerazione il rating che le agenzie internazionali attribuiscono loro, e che costituisce proprio un giudizio sulla rischiosità del titolo. Su questa base si considera che facciano parte degli high yield tutti i titoli obbligazionari con rating a partire da BB in giù sino a D. Spesso vengono definiti “titoli spazzatura”, ma non sempre questo giudizio sommario è veritiero.

Si tratta di una gamma piuttosto ampia di titoli, con giudizi, e di conseguenza rendimenti, anche molto distanti tra di loro. Quando si sceglie di investire in questa categoria di obbligazioni, secondo gli esperti, è necessario diversificare in modo accurato, non concentrarsi cioè su un unico titolo, ma sceglierne un numero sufficiente per distribuire il rischio. Resta fondamentale la competenza dell’investitore nel saper valutare la solidità della società che emette il titolo, non solo il rating dell’obbligazione stessa.

Ovviamente agli alti rendimenti corrisponde normalmente un maggior grado di rischio. Però la capacità dell’investitore sta proprio nel discernere i junk bond (titoli spazzatura) da quelli che potrebbero non esserlo.

Ultimamente sono circolate indiscrezioni a proposito di un’iniziativa in preparazione da parte dell’Unione Europea, riferita a restrizioni sui parametri in base ai quali le banche potrebbero detenere titoli di Stato. Di questo in realtà si è già sentito parlare in passato, ma poi il provvedimento non è mai stato preso. La nuova normativa colpirebbe in particolare le banche italiane, obbligandole a vendere parte di Bot e Btp, con un effetto inevitabilmente negativo per le loro quotazioni. Un’altra mazzata per la nostra economia, dopo tutte le recenti prove cui è stata sottoposta. A conferma del fatto che questa iniziativa non dovrebbe essere tanto probabile sta però nel costante impegno di Mario Draghi a prolungare il quantitative easing e a confermare l’acquisto di titoli di Stato da parte della BCE.

Sta di fatto che queste indiscrezioni qualcosa provocano: il “future long term” sui Btp ha subito un ribasso, segno di un certo nervosismo fra gli esperti.

 

Paolo Brambilla