Migrazioni, Orban rilancia e innalza il primo muro interno all'Ue - Affaritaliani.it

Affari Europei

Migrazioni, Orban rilancia e innalza il primo muro interno all'Ue

Venerdì scorso, al termine della seduta del Consiglio di sicurezza nazionale il ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjártó ha annunciato la chiusura del confine ungaro-croato. In precedenza le autorità di Budapest avevano portato a termine la struttura di metallo e filo spinato alla frontiera con la Serbia. Le due operazioni hanno avuto luogo per bloccare il flusso di migranti che provengono soprattutto dalla Siria, dall’Afghanistan, dall’Iraq e dal Pakistan e che, seguendo la rotta balcanica cercano di entrare in Ungheria e di dirigersi verso i paesi dell’Europa occidentale.

L’Ungheria di Viktor Orbán insiste quindi sulla linea dura e sulla necessità di proteggere i confini nazionali e quindi quelli di Schengen per evitare l’invasione di migranti e profughi in Europa. In una nota del ministero degli Esteri diffusa domenica 18, il capo della diplomazia ungherese  sostiene che, collaborando con gli altri membri del Gruppo di Visegrád, lo Stato danubiano ha difeso efficacemente i confini, i valori e le norme comuni europee e dimostrato che con una simile cooperazione è possibile proteggere anche le frontiere esterne della Grecia.

Szijjártó che di recente è stato impegnato in conversazioni telefoniche con i suoi omologhi ceco, slovacco, polacco e austriaco per discutere del tema, ha aggiunto che con il suo impegno l’Ungheria ha tutelato con successo le frontiere esterne dell’Unione europea e dell’area Schengen. A questo proposito Szijjártó ha sottolineato il fatto che dalla chiusura del valico di frontiera con la Croazia il paese non è stato più raggiunto da immigrati illegali. Il ministro degli Esteri ungherese ha quindi ringraziato le sue controparti di Bratislava, Praga e Varsavia, per la collaborazione con la quale il Gruppo di Visegrád ha dimostrato che è possibile unire le forze per proteggere le frontiere esterne. Ossia per svolgere quello che secondo il governo di Budapest è il principale compito di ogni paese membro dell’Unione europea. La tutela dei confini nazionali è diventata la prima preoccupazione dell’esecutivo ungherese da prima dell’inizio della crisi. Quest’ultimo ha adottato delle misure drastiche malgrado le critiche interne ed esterne che continuano. Secondo Amnesty International il governo ungherese si è preoccupato esclusivamente di tenere migranti e profughi lontani dal paese e ha speso per questo una somma pari al triplo di quella impiegata ogni anno per ricevere i richiedenti asilo. La sezione ungherese del Comitato di Helsinki fa invece notare che tuttora gruppi di migranti si presentano ai punti ufficiali di ingresso della frontiera ungaro-serba ma le loro richieste di asilo vengono respinte subito in violazione delle norme internazionali.

Le autorità del paese hanno sottolineato per mesi il carattere emergenziale del fenomeno e la conseguente necessità di dar luogo a provvedimenti atti a tutelare la sicurezza nazionale. Secondo la polizia ungherese, dall’inizio dell’anno 324.053 migranti illegali sono giunti nel paese. Una recente inchiesta realizzata dall’istituto Publicus ha messo in luce il fatto che il grosso dell’opinione pubblica è moderatamente soddisfatto del modo in cui il governo ha finora gestito l’emergenza, e nel mese di settembre il Fidesz di Viktor Orbán ha beneficiato di un discreto recupero in termini di popolarità. Secondo la ricerca effettuata da Publicus la maggior parte degli ungheresi è contraria all’accoglienza dei profughi ma due terzi di loro sostengono che aiutarli è un dovere morale.

La critica di fondo alla politica comunitaria sull’emergenza migranti accomuna i paesi del Gruppo di Visegrád, se è vero che la Polonia ha finito con l’ammorbidire le sue posizioni rispetto al sistema delle quote, la Slovacchia continua a obiettare e annuncia che entro il prossimo 18 dicembre presenterà ricorso. Secondo i calcoli di Bruxelles il paese dovrebbe accogliere 802 immigrati tra i 120 mila attualmente ospitati da Italia e Grecia. Il primo ministro Robert Fico ha dichiarato che il paese non ha modificato il suo punto di vista sulle scelte fatte dall’Ue e che le autorità competenti di Bratislava hanno già ricevuto tutti i documenti necessari alla stesura del testo relativo al ricorso. Fico ha precisato che la reazione slovacca non è contro migranti ma si oppone ai criteri che stabiliscono il loro trasferimento da un paese all’altro.

Massimo Congiu, giornalista e direttore dell'Osservatorio Sociale Mitteleuropeo, per l'ISPI