Se il sesso non è quello biologico, l'età non è quella anagrafica

La distonia dei diritti individuali: come avviene per sesso e fede, bisognerebbe andare oltre cancellando ogni riferimento anche all'età in ogni tipo documento

Di Milo Goj
(Fonte: Pexels)
Cronache

Diritti civili ed età anagrafica, solo così si eviterebbero odiose discriminazioni 

Il fronte dei diritti individuali vive una curiosa distonia. Mentre quelli relativi agli orientamenti sessuali sono sotto i riflettori e spostano l'asticella sempre più in alto, la discriminazione in base all'età è pressoché ignorata. Recentemente è stato reso noto che in Inghilterra un'insegnante è stata prima sottoposta a procedimento disciplinare, poi di fatto licenziata per aver salutato le sue allieve dicendo “Buongiorno ragazze”. Anche se si trattava di una classe femminile, quattro  studentesse si sono sentite discriminate perché si consideravano maschi.

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Del resto in Gran Bretagna un numero crescente di scuole consente agli allievi di essere identificati con un genere diverso da quello biologico. La tendenza non è circoscritta all’ambito scolastico ma si è diffusa in molti Paesi in settori diversi. La via pare tracciata: per alleviare la disforia di genere, cioè il disagio di chi sente di sesso diverso da quello biologico, a ognuno sarà concesso di decidere se essere considerato maschio o femmina, con le conseguenze del caso.

Inspiegabilmente, niente di tutto ciò accade invece per l'ageismo. Il termine, coniato nel 1969 del gerontologo e scrittore Robert Neil Butler, Premio Pulitzer 1976, indica appunto la discriminazione in base a fattori anagrafici. Nonostante una star come Madonna si sia recentemente lamentata di essere vittima di atteggiamenti ageisti, per le critiche ricevute per essersi ringiovanita troppo grazie alla chirurgia estetica, il tema viene ignorato dal mainstream. Eppure molti costituzionalisti affermano che l’ageismo rientra tra le forme discriminatorie di cui si occupa l’articolo tre della Carta.

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E, a livello europeo, nel 2010 la Carta dei diritti fondamentali ha vietato ogni discriminazione basata sull’età. Se le tematiche legate al sesso e agli anni che uno ha sono assimilate, allora anche la disforia anagrafica, cioè il malessere che si prova per la propria età dovrebbe essere contrastato. Ognuno dovrebbe essere identificato con l’età che si sente, indipendentemente dall’anno di nascita. Se un 70enne si sente un 30enne dovrebbe essere considerato come tale.

E se un individuo desiderasse essere catalogato come ultra 65enne, ne avrebbe diritto e potrebbe usufruire delle varie carte acquisti e carte argento, riservate appunto a chi ha compiuto 65 annni. Negli Stati Uniti alcune aziende non chiedono più di indicare nei curriculum quando si è nati. Bisognerebbe andare oltre, cancellando, come avviene per il credo religioso, il riferimento all’ età, in ogni tipo di documento. Solo così si eviterebbero odiose discriminazioni. Almeno in Italia sorgerebbe però un dubbio: l’anno di nascita indicato nei codici fiscali andrebbe eliminato, o si dovrebbe cambiarlo in funzione degli anni che un individuo decide di avere?

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