Fidanza (FdI): "Nel Ppe molti vogliono mollare la sinistra". Intervista

L'uomo forte di Giorgia Meloni ad Affari: "Governo Ue con i Conservatori, dentro anche la Lega"

Di Alberto Maggi
Carlo Fidanza e Giorgia Meloni
Politica

Verso le elezioni europee/ Parla Carlo Fidanza, Capodelegazione di Fratelli d’Italia al Parlamento Europeo e uomo forte di Giorgia Meloni nelle relazioni internazionali

 

Le elezioni regionali e comunali in Spagna e le amministrative in Italia hanno mostrato un centrodestra in salute, dopo i successi elettorali in Svezia, Finlandia, Bulgaria, Grecia. 


Si torna a parlare con sempre maggiore insistenza di un possibile accordo Popolari-Conservatori per il 2024. A che punto siamo? Affaritaliani.it lo ha chiesto a Carlo Fidanza, Capodelegazione di Fratelli d’Italia al Parlamento Europeo e uomo forte di Giorgia Meloni nelle relazioni internazionali.

Fidanza, come valuta le dimissioni del premier spagnolo Pedro Sanchez e la convocazione di elezioni politiche anticipate il prossimo 23 luglio? 

"Il voto locale ha mostrato chiaramente che il governo social-comunista di Sanchez non aveva più la maggioranza tra i cittadini spagnoli. Le elezioni anticipate però non sono soltanto il giusto riconoscimento di questa evidenza, ma anche il tentativo della sinistra di sfruttare un possibile astensionismo estivo e di far emergere in campagna elettorale le divisioni tra Popolari e Vox, prima che si consolidi il buon governo del centrodestra nelle tante regioni conquistate. Alla fine sarà la solita campagna elettorale giocata sul “pericolo nero”, a cui mi auguro gli spagnoli non abboccheranno come non hanno abboccato gli italiani". 

Non è un mistero che FdI spera in un governo PP-Vox. Pensate sarà l’antipasto di quello che avverrà alle Europee del prossimo anno? 

"Ce lo auguriamo e lavoriamo per questo. Il 9 giugno 2024 sarà un referendum: da un lato le sinistre dell’immigrazione incontrollata, del fondamentalismo climatico e del relativismo culturale; dall’altro noi che difendiamo confini sicuri, ambientalismo pragmatico e valori tradizionali. Più governi a noi vicini verranno eletti nei prossimi mesi e più voti prenderemo alle europee, più porteremo il modello Meloni nel cuore dell’Europa".

Ma a che punto sono veramente le trattative tra voi e i Popolari? In queste ore a Bruxelles non mancano gli elementi di frizione su temi caldi come Polonia e Ungheria…

"Non ci sono trattative, c’è un dialogo costante sui temi che ci vede sempre più spesso votare insieme. Molti nel Ppe hanno capito che, anche a casa loro, se stanno in scia alla sinistra la gente non li vota più; non a caso vincono quando si pongono in netta alternativa ai progressisti. Con l’Ungheria c’è un accanimento francamente ingiustificato: Budapest ha soddisfatto tutte le condizioni poste dalla Commissione Ue per sbloccare i fondi del PNRR ungherese; ciò nonostante i partiti di opposizione dicono che questi soldi non devono essere versati. Come noto, l’Italia non ha la stessa posizione dell’Ungheria sulla guerra in Ucraina, ma le regole devono essere rispettate da tutti e non possono cambiare ogni giorno".

L’intesa Ppe-ECR naufragherà sulla Polonia?

"La Polonia è un caso diverso, perché lì i nostri colleghi Conservatori e l’ex Presidente del PPE Tusk sono rivali alle prossime elezioni di ottobre. Il dibattito sulla Polonia sarà quindi ancora più inquinato dalla campagna elettorale. Ora un vasto schieramento che va dai popolari ai comunisti si lamenta perché è stata varata una commissione parlamentare sulle interferenze russe nella politica polacca. Temono possano emergere antiche solidarietà tra Tusk e i russi, danneggiandoli in campagna elettorale. Ma io penso: “male non fare, paura non avere”… Se non hanno aiutato i russi, di cosa hanno paura? Comunque mi auguro che il governo polacco attuale venga riconfermato e che il giorno dopo si possa continuare a lavorare con i Popolari per mandare a casa la sinistra anche in Europa. Giorgia Meloni sarà la chiave per realizzare questo progetto e questo porterà anche l’Italia ad accrescere il suo ruolo a Bruxelles".

Per votare ancora Von der Leyen presidente della Commissione? O Metsola? 

"Von der Leyen è espressione di una maggioranza che noi speriamo di archiviare, se ci riusciremo immagino non potrà essere lei a guidare questa nuova stagione. È presto per il toto-nomi, che peraltro di solito serve a bruciare le candidature credibili. Come sarebbe quella della Metsola, che è una donna in gamba, un’amica dell’Italia e che abbiamo contribuito ad eleggere Presidente dell’Europarlamento. Ma è davvero troppo presto". 

E se i numeri non dovessero bastare? C’è la possibilità di aprire questa alleanza ai liberali di Macron? 

"Gli elettori come sempre saranno sovrani. La mia idea è quella di un blocco centrale Conservatori-Popolari capace di aprirsi sia a destra che al centro, a partire da battaglie specifiche. Già oggi, su alcuni temi, certe delegazioni del gruppo liberale votano con noi. Quanto a Macron, è difficile dirlo: i rapporti tra Francia e Italia sono come sempre vivaci e lui stesso ha un partito in cui convivono ex socialisti ed ex gollisti, gente di centrodestra e gente di sinistra. Per il momento mi accontenterei che i suoi sottoposti non facessero la campagna elettorale francese parlando - spesso a sproposito - del governo italiano. Portiamo rispetto e pretendiamo rispetto. 

Cosa sarà della Lega? Sarà parte di questo progetto? 

"Mi pare una dinamica naturale, non solo per la Lega ma anche per Forza Italia. L’obiettivo comune è riproporre anche in Europa il modello del centrodestra italiano e mandare le sinistre rosse e verdi all’opposizione". 

Mi dica un’ultima cosa: ma questo Pnrr sarà il Vietnam del governo Meloni? 

"Assolutamente no! Il governo sta facendo un lavoro straordinario, con una attenzione certosina, tutto il contrario della sciatteria che viene propagandata dalla sinistra. Il ministro Fitto sta preparando una doverosa “operazione verità”, per arrivare a una rimodulazione del Piano nella quale si dica chiaramente quali interventi sono realmente strategici, quali potranno essere realizzati entro giugno 2026 e quali invece no, quali alternative proponiamo per spendere meglio queste risorse. Abbiamo tempo fino al 31 agosto per farlo e lo faremo nei tempi. Ad oggi cinque governi europei su ventisette hanno presentato le modifiche ai loro piani, il che ci dice due cose: primo, che i piani si possono modificare; secondo, che non siamo in ritardo. Con buona pace dei soliti gufi anti-italiani della sinistra".

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