Restituzione dei suoli e risarcimento. Ormai ci siamo. L'intervista

Intervista all'avvocato Marco Palieri. Il caso

Di Alberto Maggi
Marco Palieri
Politica

"La giurisprudenza (Cassazione e Consiglio di Stato), sulla spinta delle indicazioni della Corte Europea dei Diritti Umani (CEDU), ha affermato che in mancanza di un provvedimento di esproprio la proprietà dei suoli restava dei privati"

Conto alla rovescia (-80 giorni) per ottenere la restituzione dei suoli e il risarcimento dei danni per le espropriazioni, precedenti al 30.06.2003, che non si sono concluse con il provvedimento di esproprio, vero e proprio. Affaritaliani.it ne ha parlato con l'avvocato Marco Palieri di Bari, che da lungo tempo sta seguendo il caso. L'INTERVISTA

Mancano 80 giorni per ottenere la restituzione dei suoli e il risarcimento dei danni per le espropriazioni, precedenti al 30.06.2003. Ci può spiegare esattamente come stanno le cose? Come è possibile che si sia arrivati a questa situazione?

"Per molto tempo, la giurisprudenza riteneva che, una volta realizzata l’opera pubblica, il suolo, anche senza un formale provvedimento di esproprio, si trasferiva comunque alla mano pubblica (c.d. “accessione invertita”). A partire dai primi anni del 2000, la giurisprudenza (Cassazione e Consiglio di Stato), sulla spinta delle indicazioni della Corte Europea dei Diritti Umani (CEDU), ha affermato che in mancanza di un provvedimento di esproprio la proprietà dei suoli restava dei privati. Considerato che, di regola, l’usucapione di un immobile si perfeziona in 20 anni, la giurisprudenza ha affermato che, in questi casi, l’usucapione inizia a decorrere dalla data di entrata in vigore – 30.06.2003 – della norma (art. 42 bis d.P.R. n. 327/2001) che consentiva alla PA di poter conservare l’opera pubblica, indennizzando i privati (c.d. “acquisizione sanante”). Da qui la data del 30.06.2023, venti anni dopo l’entrata in vigore della norma".

Di chi è la responsabilità di questa situazione? Di quale legge o di quale governo?
"Difficile trovare un responsabile. Sicuramente, il merito di aver risolto la situazione è della CEDU".

Che cosa consiglierebbe a un cittadino, restituzione dei suoli o risarcimento?
"Difficile dare una risposta univoca. Andrebbe valutata la concreta situazione di fatto. In alcuni casi, potrebbe essere preferibile la restituzione, in altri il risarcimento".

In caso di risarcimento, ci sarebbero anche gli interessi?
"Il privato può chiedere la restituzione dei suoli e il risarcimento dei danni, che, di regola, prevede rivalutazione monetaria e interessi. In caso di “acquisizione sanante”, al privato verrà riconosciuto un indennizzo per il danno patrimoniale (pari al valore venale del suolo) e non patrimoniale (che, a seconda dei casi, va dal 10% al 20% del valore dei suoli), mentre per il periodo in cui non ha goduto dei suoli verrà riconosciuto una ulteriore somma non inferiore al 5% annuo del valore venale)".

I DETTAGLI DEL CASO

Talvolta, in passato, per varie ragioni, è accaduto che la Pubblica Amministrazione abbia occupato i terreni di privati in vista della realizzazione di opere pubbliche, li abbia poi trasformati realizzando l’opera, e, magari, abbia persino pagato ai proprietari le indennità di legge (di occupazione e/o di espropriazione), senza però adottare il provvedimento conclusivo di esproprio.

Alla luce della giurisprudenza ormai consolidata (CEDU, Cassazione, Consiglio di Stato), una situazione del genere rappresenta un illecito permanente, inidoneo a trasferire la proprietà dal privato alla mano pubblica. Gli originari proprietari dei terreni (o i loro aventi causa, come gli eredi, ad esempio) non hanno mai perduto il loro diritto di proprietà e, quindi, possono agire per la restituzione dei suoli, previo eventuale ripristino dello stato dei luoghi, e per il risarcimento dei danni.

La Pubblica Amministrazione potrà scegliere di restituire i terreni e risarcire i danni per il periodo di illegittima occupazione (c’è però la prescrizione quinquennale che potrebbe venire eccepita), oppure procedere alla c.d. “acquisizione sanante”, tenendosi l’opera pubblica realizzata, ma pagando il valore venale dell’immobile, oltre ad un pregiudizio non patrimoniale (10% del valore venale), il tutto con gli interessi del 5% annuo a partire dalla data dell’occupazione (senza prescrizione, in questo caso).

Gli interessati, però, dovranno agire entro il 30.06.2023. Oltre questa data, per tutte le “espropriazioni” di cui sopra precedenti al 30.06.2003, potrebbe perfezionarsi l’usucapione ventennale in favore della Pubblica Amministrazione. Non è sufficiente fare una raccomandata o una PEC per impedire l’usucapione.

Per i proprietari dei suoli resta irrilevante che la vicenda sia molto risalente nel tempo (40 o 50 anni); che l’opera pubblica sia stata realizzata e/o che venga utilizzata; che si tratti di occupazione usurpativa oppure acquisitiva; che venga eccepita la rinuncia abdicativa e/o l’usucapione; che vi siano stati, o no, provvedimenti dichiarativi della pubblica utilità e/o di occupazione dei suoli; che i lavori si siano conclusi prima o dopo la scadenza dei termini previsti per la fine delle espropriazioni e/o dei lavori; che siano state pagate, o no, le indennità di occupazione e/o di esproprio (le relative somme, però, se pagate, andranno decurtate).

Ciò che conta, ai fini della tutela dei diritti degli originari “espropriati”, è che non ci sia stato il formale provvedimento di esproprio, vero e proprio.

 

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