Caso Santanchè, Schlein a rimorchio di Conte. Il Pd perde la sua identità

Gaffe della segretaria Dem sulla sfiducia a Santanchè

Di Giuseppe Vatinno
Giuseppe Conte Elly Schlein
Politica

Ennesima figuraccia di Elly

 

Elly Schlein si sta dimostrando sostanzialmente incapace di guidare il più grande partito di opposizione, erede del PCI e della sinistra DC.

La sua elezione a segretaria del PD si sta sempre più dimostrando un azzardo, un salto nel buio, un atto inconsulto frutto più di quelle pazzie ricorrenti che colgono i democratici che un’analisi seria e ponderata, frutto di una strategia politica.

Non dimentichiamoci poi che le “primarie aperte” che l’hanno incoronata vincitrice sono frutto delle truppe cammellate o semi - cammellate dei Cinque Stelle e non certo o non solo del PD.

Da allora –si era nel febbraio di quest’anno-la Schlein ha inanellato solo sconfitte.

Ma non si tratta solo di un mero computo per così dire numerico, fatto giocherellando con il pallottoliere, ma si tratta piuttosto di una mancanza del tutto evidente di un preciso programma politico, programma inteso non solo come lista delle “cose da fare” ma proprio inteso come strategia fatta di obiettivi e di tempi per raggiungerli.

Nel PD pare che si navighi a vista cercando di evitare gli scogli ma –parafrasando una sua battuta- pare che questi scogli lei “non li abbia visti arrivare”, tanto che il suo partito li ha colti tutti, con sistematica imperizia e micidiale consequenzialità.

La Schlein, inoltre, è un corpo estraneo all’ideologia, se ancora si può utilizzare questo termine desueto- del Partito Democratico. Le sue battaglie non sono quelle della sinistra. Si tratta di battaglie sui diritti civili, roba da Radicali ed in ispecie di Marco Pannella la cui figura, anche fisicamente, dista migliaia di anni luce da quella della piccola e confusionaria svizzero-americana-italiana.

Anche i valori di cui è portatrice sono troppo smaccatamente collocati nel quadrante di quello che viene definito lo spirito radical – chic che tanti danni ha fatto ed ancora fa alla sinistra.

E poi, appunto, per queste battaglie c’è il Partito Radicale.

Fatte queste considerazioni si capisce poi meglio di come alla fine la Schlein sia costretta ad inseguire Conte, la cui capacità di manovra politica è abissale rispetto a quella della bolognese.

Conte non è un politico di professione ma è l’ipostasi dell’avvocato civilista di grido, assai abile a districarsi con le parole, che ha trovato praterie davanti a sé.

Conte è isomorfo al potere.

Infatti è stato capo del governo giallo – verde, poi di quello giallo – rosso ed infine ha partecipato a quello arcobaleno.

Conte ha fatto fuori nell’ordine: Salvini, Di Maio, Grillo e Draghi, e tra i minori Virginia Raggi e per poco non faceva fuori anche Renzi con cui è finita in un sostanziale pareggio, essendosi mandati a casa a vicenda.

Questo per dire che Conte è un pesce troppo grosso per la fragile segretaria Dem. Lo è anche dal punto di vista istituzionale. La Schlein ha una piccola esperienza come vice Presidente dell’Emilia – Romagna mentre l’altro è stato Presidente del Consiglio.

E per questo che la giovane politica è costretta a inseguire- anche fisicamente- Conte sia nelle  kermesse elettorali che nelle iniziative politiche.

Prova ne sia la recente sfiducia alla ministra Santanchè che è stata presentata dal Movimento Cinque Stelle e non certo dal PD che solo dopo si è detto disposto a votarlo. Non potevano presentarla loro per primi?

Una clamorosa gaffe quella della Schlein che così facendo certifica e mette nero su bianco la sua subalternità a Conte.

Conoscendo l’abilità strategica dell’ ex premier non è inverosimile che prosciughi elettoralmente il PD e di fatto ne prenda il comando e il controllo, sia pure per ora, dall’esterno.

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