Giustizia, non ci sarà un 1992: stavolta gli italiani stanno con la politica

Quanto sta accadendo sembra un replay di quello che successe trent’anni fa

L'opinione di Massimo Falcioni
Politica

Giustizia, c’è il rischio che questa legislatura si trasformi in una guerra tra governo e magistratura

Fra politica e magistratura si ripropone, trent’anni dopo “Mani pulite”, la questione del loro rapporto, la constatazione della mancanza di reciproca indipendenza e di rispetto. Così in Italia torna d’attualità, con un esecutivo di destra-centro per di più con una premier con il vento in poppa, lo scontro magistratura-governo. Una parte delle toghe, ideologicamente con l’opposizione della variegata sinistra in crisi d’identità di valori di voti, rientra in gioco puntando a colpire la maggioranza di governo.

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Senza entrare nel merito delle singole vicende, assai diverse fra loro, e fatte le debite differenze, il caso Santanchè (l’avviso di garanzia non è una condanna, né un rinvio a giudizio), l’imputazione coatta per Dalmastro, la stessa bega del figlio del presidente del Senato La Russa denunciato per violenza sessuale da una 22enne, paiono il replay, quanto meno negli obiettivi, di quello che accadde trent’anni fa: colpire con l’aggressione mediatica-giudiziaria-politica un ministro per indebolire il governo fino a farlo cadere.

Ancora una volta, da parte di certa stampa e di certa sinistra, si tenta di strumentalizzare la realtà: un “avviso” inviato per tutelare l’indagato viene “venduto” come una condanna implicita o, all’opposto (anche questo va detto), come un tentativo di persecuzione. Essere indagati non vuol dire essere colpevoli e anche all’epoca di “Mani pulite” la stragrande maggioranza di chi ricevette avvisi di garanzia fu poi assolta. Inchieste aperte con clamore poi evaporate, anche oggi, come l’ultima vicenda milanese sui rapporti tra  Lega e Russia.

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Resta il limite grave di fatti che ufficialmente dovrebbero anche essere coperti dal segreto istruttorio e che invece sono sulla bocca di tutti, usati per fini politici, per screditare gli avversari. Stavolta il protagonismo giudiziario può anche essere esacerbato per l’annunciata riforma della magistratura, per i più una iattura. Riforma che questo governo vuole per migliorare il funzionamento della macchina giudiziaria, snellire i processi e  (udite! Udite!) avviare la separazione delle carriere. Stavolta, l’onda mediatica-giudiziaria non pare trovare il supporto della maggioranza degli italiani.

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Ciò per la scarsa sostanza politica delle questioni oggi sollevate e, soprattutto, per gli strascichi tutt’altro che positivi lasciati dalle vicende passate di “Mani pulite”. Insomma, c’è il sospetto che qui “gatta ci cova”. Che, al di là del merito delle specifiche questioni sollevate, ci sia il “trucco”. C’è il rischio, a questo punto un dato di fatto, che questa legislatura si trasformi in una guerra tra governo e magistratura (una sua parte), con quest’ultima impegnata a tirare la volata alle opposizioni col fiatone ma attaccate al solito refrain: “Inaccettabile attacco del governo alla magistratura”.

Se così è, non passerà molto tempo per vedere sui media altre inchieste e altri avvisi di garanzia con l’obiettivo di minare l’esecutivo, logorandolo, fino all’implosione. Le elezioni Europee sono già dietro l’angolo e in caso di prevedibile nuovo exploit del partito di Giorgia Meloni, la premier potrebbe giocare la carta delle elezioni anticipate, con la resa dei conti generale, sia riguardo ai partiti all’opposizione che alle fazioni di dissidenti interni presenti nella Lega e in Forza Italia post berlusconiana. Per la parte della magistratura che vuole mantenere lo strapotere giudiziario e per le opposizioni prive di leadership e di voti la via intrapresa potrebbe essere un boomerang. 

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