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Affari di Genio
Fragilità giovanile e il ruolo dello studio positivo

Un brutto voto dopo un compito in classe di matematica. Sarebbe stata questa la ragione che avrebbe indotto un giovane sedicenne di Ancona a buttarsi dalla finestra della propria scuola durante l'intervallo di una normale giornata trascorsa nel proprio plesso scolastico  

Un gesto di disperazione che possiamo certamente legare a ragioni più profonde di quelle relative ad un brutto voto. Pare certo tuttavia che la ragione scatenante sia stata proprio il voto ottenuto dalla verifica in classe. 

Una ragione  per aprire una riflessione sulla fragilità di una generazione che è sempre più incline a sentirsi debole e colpevole davanti alle fisiologiche difficoltà della vita,  davanti alle quali tantissimi - giovani e meno giovani - vengono a trovarsi. 

Senza voler entrare nel merito di un gesto che richiede il rispetto del lutto vissuto da chi s'è visto portar via la vita del proprio figlio, ci corre l'obbligo tuttavia di porre in essere una riflessione su quanto sta accadendo nella scuola italiana. Perchè questo è solo l'ultimo degli sconsiderati gesti compiuti da ragazzi che portano alle estreme conseguenze il loro senso di colpa verso l'inadeguatezza cui sono chiamati a rispondere, da una società che tende ad etichettarli, stigmatizzarli e  marginalizzarli. 

In una recente intervista raccolta da Genio in 21 giorni da un genitore dei ragazzi del corso, Massimo Polato, libero professionista di Verona, padre di tre figli, emergono chiaramente due ragioni che spiegano in quale modo il metodo Genio, creato e sviluppato da Massimo De Donno e dai suoi collaboratori, offra un' importante sponda per migliorare la qualità dello studio e dunque il rendimento di chi a scuola ci va tutti i giorni.  Polato in particolare pone l'accento sull'esperienza maturata con i suoi tre figli ma anche direttamente da lui, anch'esso partecipe del corso. E se un dato va raccolto, certamente il più importante è quello in cui afferma che i ragazzi per apprendere al meglio hanno bisogno di divertirsi perchè imparare in positività e  con il sorriso, alleggerisce il peso dello studio e lo qualifica come uno strumento di apprendimento formidabile che ne semplifica l'approccio.

Colpisce tuttavia il fatto che proprio il papà di questi tre ragazzi parli della necessità di essere positivi,  rilevando  come la concentrazione aumenti se la partecipazione è emotivamente giusta, e non invece autarchicamente riflessa in un cupo pessimismo d'inadeguatezza, che porta le anime più fragili a conciliare le loro fragilità con la decisione di togliersi la vita.

Ed è sempre da una sua testimonianza che emerge con forza il fatto che all'interno della famiglia, quando un figlio impara ad elaborare il pensiero da solo, in un contesto di critica della realtà individuale, in questo modo - e solo in questo modo - aumenta la volontà di studiare apprendendo in modo individuale, costruendo così la propria identità.

Gli effetti si misurano subito anche dal miglioramento della qualità delle relazioni: meno inficiate dalla necessità di separarsi  dalle proprie figure di riferimento. Al contrario diventa automatico per i figli sentirsi più leggeri e sicuri e per questo più sereni; come lo diventano i genitori quando capiscono di aver apportato la giusta dose di consapevolezza e timore, di preparazione e umiltà nei propri figli. I quali acquisiscono i benefici dello studio perchè se ne innamorano e lo percepiscono come un arricchimento e non come uno strumento di offesa o comunque lesivo della propria dignità. 

Lo studio è cultura.  Cultura significa inclusione e comprensione. Non un modo per deplorare il lavoro e la fatica di un giovane. C'è molta strada da fare, ancora. 

L'intervista con Massimo Polato >> Guarda il video <<

 

Max Rigano






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