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Affari di Genio
Lavoro e studio: senza le giuste pause perdi fino al 73% di produttività

Nell’epoca delle scottanti notizie sui braccialetti-controlla-produttività di Amazon e i caschetti anti-distrazione per studenti cinesi, potresti credere che il titolo sia poco più che una frase ad effetto. 

In realtà, è scienza. 

Lo ha dimostrato Pernille Strøbæk, una ricercatrice dell’università di Copenaghen, la cui ricerca pubblicata sulla rivista Symbolic Interaction ha mostrato come sia controproducente non concedersi qualche pausa durante lo studio (o il lavoro).

Anzi, alzarsi, fare un giro e due chiacchiere, per poi tornare al lavoro, è un ottimo modo per aumentare la produttività.

Purtroppo invece sono ancora moltissimi i lavoratori (e i datori di lavoro!) convinti esattamente del contrario. Basti pensare a quanto il cinema e la televisione alimentino il classico (pericoloso e improduttivo) immaginario di dipendenti inchiodati alla loro scrivania, che lavorano 8/9/12 ore senza l’ombra di una pausa, in onore di una presunta “produttività”… Pensa solo a tutti quei film e serie TV in cui il lavoratore pigro viene trattato alla stregua di un soldato per riuscire a produrre. 

E la cosa non cambia se parliamo di studio, persino in tale contesto infatti comunemente si identifica lo stare fisso sui libri per ore come il massimo dell’efficienza.

Ma, come detto all’inizio di questo post, le cose non stanno così. 

Anzi, c’è di più.

Il lavoro di Strøbæk infatti non si è fermato qui: la studiosa è riuscita addirittura a quantificare il miglioramento della performance di studio, affermando che esso migliora anche del 73%. 

Come dire: potresti leggere 100 parole e ricordartene il 73% in più. 

O, in altri termini, impiegare solo 3 minuti al posto di 10. 

Insomma, niente male, vero?

È questo il tipo di cambiamento che mi ha da sempre affascinato, quello in grado di farti imparare ciò che ti serve ma studiando di meno, perché hai imparato a farlo in modo più produttivo.

Certamente, fare pause nello studio e al lavoro non è sufficiente per migliorare il tuo rendimento e la tua capacità di apprendimento. Ma è un valido suggerimento che puoi mettere in pratica fin da subito. 

A tal proposito, immagino tu abbia già ampiamente sentito parlare della famosa “Tecnica del Pomodoro” (1). Al momento in cui scrivo è uscito da poco un libro proprio su questo argomento, lo trovi pressoché in tutti gli Autogrill. 

Ḕ una tecnica tanto semplice quanto potente. Se non la conosci ti consiglio di approfondirla. Se la conosci… beh, statisticamente per esperienza so che ci sono buone probabilità che tu non la stia usando! Purtroppo molto spesso siamo portati a pensare che soluzioni così semplici non possano essere realmente efficaci e le trascuriamo…

Non si tratta di una sensazione personale, ma di un dato che ho ricavato in tanti anni di lavoro con gli studenti, di frequentazione di biblioteche e aule universitarie. 

Ho potuto notare che il mondo di chi deve imparare qualunque tipo di informazione, si divide in due grandi categorie che, per amore di semplicità chiameremo Hobbit e Orchi. Sì, quelli del Signore degli Anelli (in uno dei prossimi post ti racconterò anche perché è così importante utilizzare immagini vivide per aiutare la mente a ricordare…)

Vediamo nel dettaglio le caratteristiche di ognuna delle due specie:

Gli Orchi

  • Iniziano a studiare appena staccano dal lavoro e vanno avanti ininterrottamente fino a notte inoltrata senza alzare lo sguardo dai libri.
  • Considerano le pause il male supremo da evitare come la peste. 
  • Si addormentano spesso sui libri, con gli occhi che bruciano e le diottrie che diminuiscono ad ogni passo.

Esattamente come nel Signore degli Anelli, l’orco è quell’essere che marcisce nelle caverne oscure di Mordor, lavorando tutto il giorno. Chi adotta tale stile di studio e lavoro - a differenza degli Orchi di Mordor - non lo fa perché sia schierato nelle forze del male, ovviamente! Lo fa perché è convinto (o è meglio, è stato convinto) che questo sia il modo migliore per arrivare al risultato. Ma la scienza – ormai l’hai capito – dice esattamente il contrario: fare una pausa nel momento giusto può garantirti un miglioramento del 73% nei tuoi risultati di apprendimento (e anche lavorativi).

Naturalmente, le pause vanno fatte con criterio, dando al cervello il modo di rinfrancarsi (quindi no a social, sigarette e caffè, sì a passeggiate e stretching, giusto per dire gli accorgimenti più semplici e scontati). 

Gli Hobbit

  • Considerano la pausa il momento più sacro delle loro giornate.
  • I momenti di studio sono le pause dalle loro pause.
  • Di fianco alla macchinetta del caffè c’è una targa con il loro nome sopra…

Questi sono gli Hobbit, con la speranza – o meglio il sogno irrealizzabile - di finire quello che si sono prefissati di fare, ma che in realtà si vedono sfuggire di mano intere mezz’ore chattando su WhatsApp con tutti quelli che hanno in rubrica o ammaliati dall’ultima serie di “Billions” su Sky.

In parte, come dare loro torto? Dopo un’intera, interminabile, giornata di lavoro, mettersi anche a studiare dopo cena sembra un vero e proprio delitto! 

E a loro discolpa va detto che non hanno tutti i torti. Poiché vincere l’inerzia e riuscire ad attivare la modalità “produttività efficace” non è affatto cosa semplice. 

Un altro studio ha dimostrato infatti che il cervello umano ha bisogno di 25 minuti prima di entrare appieno nel cosiddetto “flusso” creativo e svolgere compiti con il massimo dell’efficienza. 

Il flusso (flow) è un concetto introdotto da Mihály Csíkszentmihályi (2), uno psicologo ungherese emigrato negli Stati Uniti che ha passato la maggior parte della sua vita a studiare scientificamente la felicità.

Csíkszentmihályi sostiene che in ogni momento ciascun individuo riceve una grande quantità di informazioni provenienti dal mondo circostante, che siano suoni, colori, le urla della vicina, qualsiasi cosa.

Gli psicologi hanno scoperto che la mente può gestire solo un certo numero di stimoli alla volta: circa 126 bit di dati al secondo, in base allo studio di Csíkszentmihályi del 1956, e, proprio come un computer, non può processarne di più.

Pensa che un’intera conversazione “pesa” circa 40 bit, cioè un terzo della nostra capacità, e questo è il motivo per cui non è facile focalizzare l’attenzione su altre attività quando si parla con qualcuno.

Il classico esempio che avvalora la teoria di Csíkszentmihályi è il tuo compagno che si lamenta perché non stai ascoltando mentre sei impegnato a chattare al telefono… 

Ecco, in quel momento stai sperimentando cosa significa essere immersi in un flusso e non riuscire a fare anche altro contemporaneamente. Se scambiare messaggi con qualcuno può essere così impegnativo, immagina quanti bit servono per mettersi nelle condizioni di concentrata produttività nel lavoro e, ancor più, nello studio DOPO il lavoro!

Ecco perché la tipologia “Hobbit” non ha problemi (come si tende a pensare) di pigrizia o di stanchezza: non sa come entrare velocemente nello stato di flusso. 

Ciò lo fa sentire come il giocatore del Superenalotto: Sa che può vincere, ma non ha idea di come possa succedere proprio a lui. Ed è più che comprensibile che ad un certo punto molli la presa. 

Ma quando capisci che entrare nella superproduttiva condizione di “flusso”, a differenza del vincere al Superenalotto, è qualcosa assolutamente alla tua portata, allora tutto cambia. 

A riguardo, ti do tre indicazioni veloci:

  1. Datti obiettivi chiari, sfidanti, ma al tempo stesso raggiungibili (così ti sentirai coinvolto e ti impegnerai sapendo di potercela fare).
  2. Fa’ un piano preciso per raggiungerli, prevedendo tempi, anche brevi, ma senza distrazioni.
  3. Divertiti! Fa’ ciò che ami fare, proprio come i bambini: quando giocano, sono in un costante flusso creativo.

Ti consiglio di approfondire la conoscenza della condizione di flusso e di come comandarla guardando il TED Talk di Csíkszentmihályi che trovi qui:

https://www.youtube.com/watch?v=I_u-Eh3h7Mo

Inizia da subito ad applicare anche la Tecnica del Pomodoro di cui parlavamo prima: vedrai la tua produttività nello studio e nel lavoro salire alle stelle.

Alla prossima!

Massimo De Donno 

NOTE:

1)  Il "pomodoro" in questione è il timer da cucina con quella forma… Cosa c’entra con la gestione del tempo? Francesco Cirillo, l’autore del libro che ti dicevo, da tempo non riusciva a dare esami all’università poiché faticava a mantenere la concentrazione. Di solito studiava in cucina e un giorno gli venne in mente di usare il timer – un pomodoro, appunto – e di puntarlo su dieci minuti. Si accorse così che, facendo due minuti di pausa ogni dieci di concentrazione, riusciva a studiare tranquillamente. Francesco aumentò progressivamente i tempi di attenzione fino a un’ora e mezza/due, seguiti da una pausa di mezz’ora, ricominciò a dare esami e si laureò. Diffuse poi la sua tecnica che riscosse grande successo e ora trovi molte app (ti consiglio “Forest”) basate sullo stesso principio.

2) Mihály Csíkszentmihályi, “Flow”, New York 1990.

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    gestione del tempoproduttività





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