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Affari di Genio
Come vincere la difficile sfida (per i genitori!) del rientro a scuola

Fine agosto: l’inizio della scuola è alle porte, e impazzano le pubblicità degli zaini e degli astucci all’ultima moda sui canali televisivi per ragazzi.

Pochi, pochissimi forse, attendono con allegria di incontrare i loro compagni e ricominciare l’anno scolastico; molti si disperano per la fine dell’eccitante libertà concessa dalle vacanze.

Di questi ultimi, la maggior parte ancora non ha svolto nemmeno la metà dei famigerati compiti delle vacanze. E più passa il tempo, e più la pressione di questo pesante fardello rende cupe le belle giornate di fine agosto e inizio settembre. 

In realtà, non sono solo i ragazzi a vivere con tormento l’obbligo dei compiti, ma anche i loro genitori, perché spesso incidono sulla gestione del tempo dell’intera famiglia. 

Quanti genitori si sono trovati a cercare di risolvere problemi matematici o versioni di greco e latino, quando avevano sperato - molti anni di prima - di aver finalmente superato, una volta per tutte, questa “condanna”?

In qualità di esperto di apprendimento strategico, mi sono state fatte le stesse domande centinaia di volte da parte dei genitori: “Come faccio a far venire voglia a mio figlio di studiare?”, oppure “Come posso aiutare mio figlio ad allenare la capacità di apprendimento e di concentrazione?”, o ancora “E’ giusto essere presenti e fare un monitoraggio costante, o bisogna farsi da parte e permettere ai figli di organizzarsi da soli, e non aiutarli coi compiti, anche a costo di vederli sbagliare?” 

Probabilmente non esiste una risposta universalmente valida e per individuare la soluzione più efficace per ognuno bisogna osservare gli specifici risultati: se un ragazzino è indipendente e fiducioso nelle sue capacità, significa che è stato già fatto un ottimo lavoro; se invece è demotivato, perfezionista, insicuro e sfiduciato, potrebbe essere il caso di mettere in discussione l’approccio pedagogico adottato più o meno consapevolmente dal genitore.

La scorsa settimana ero in compagnia della coordinatrice scientifica di Genio in 21 giorni, Emilia Costa, medico psichiatra e Professore emerito dell’Università la Sapienza di Roma, autrice di oltre 400 pubblicazioni scientifiche e di 25 libri, e abbiamo proprio parlato di questi argomenti.

Ricordiamo che il termine educare viene da educere che significa tirar fuori; un genitore che ha davvero a cuore il proprio figlio, sa appunto educarlo a tirar fuori le sue migliori qualità, guidandolo con affetto e diligenza, anche attraverso il gioco”, suggerisce la Professoressa Costa. “Anche con il gioco, infatti, è possibile indirizzare i bambini e i ragazzini alla concentrazione e all’apprendimento, attraverso storie vivide e creative, attivando man mano capacità di attenzione e concentrazione utili poi per l’apprendimento di argomenti di studio di loro interesse.” 

Alla domanda sui compiti, l’esperta risponde: “I figli vogliono sentire i genitori vicini e attenti ai loro bisogni e desideri; regole chiare e compiti precisi sono essenziali, nel rispetto della personalità del bimbo, per permettergli di apprendere, già nel periodo dello sviluppo, che nel vivere sociale bisogna trovare la giusta misura tra divertimento creativo e doveri, o per dirla con altre parole tra ‘giocattoli e lavoro’”.

In ultimo, sempre citando la Costa, una considerazione importante sul rapporto tra genitori e insegnanti: “Nell’educazione, è davvero essenziale costruire un buon rapporto tra genitore e insegnante, evitando il disagio che deriva dal rapporto conflittuale genitori/scuola, che i ragazzi – anche se non sembra – percepiscono benissimo, e che rischia di penalizzare fortemente il loro potenziale di crescita

Massimo De Donno 
Ideatore del Metodo Genio in 21 Giorni

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