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L'avvocato del cuore
"Ci stiamo separando. Chi dei due può rimanere con il nostro cane?"

di Marzia Coppola*

“Buongiorno Avvocato, io e mio marito ci stiamo separando e l’unico aspetto sul quale continuiamo a litigare è decidere con chi debba rimanere il nostro cane Tabor. Come dobbiamo regolarci?” 

Nel corso della separazione e del divorzio, una delle questioni che può creare dissapori è quella che impone di decidere con quale padrone l’amico a quattro zampe debba continuare a vivere. Succede spesso, infatti, che l’amore tra gli uomini finisca, ma quello per il cane (o gli altri animali domestici) rimanga così vivo che nessuno vuole rinunciarvi. In materia la nostra legge non fornisce alcuna indicazione che possa guidare la scelta e, in ogni caso, non sempre è sufficiente verificare chi sia l’intestatario del microchip. Esiste una proposta di legge che implicherebbe l’aggiunta di un articolo al codice civile e che imporrebbe di attribuire “l'affido esclusivo o condiviso dell'animale alla parte in grado di garantirne il maggior benessere”.

Allo stato, come sempre, la soluzione migliore è quella di farsi guidare da buon senso e ragionevolezza e decidere - di comune accordo - con quale padrone il cane o il gatto dovrà vivere, prevedendo la possibilità per lìaltro di portarlo al parco di tanto in tanto, di trascorrere pomeriggi insieme e di spartire le spese per l'acquisto del cibo e per le cure mediche. Viceversa, la scelta dovrà essere rimessa al giudice che, non avendo riferimenti legislativi che possano guidare la decisione e lo spirito pratico delle parti, valuterà la questione tenuto conto dei vari orientamenti giurisprudenziali sino a oggi elaborati. Inevitabilmente la
decisione sarà influenzata, quindi, anche dalla sensibilità di ciascun giudice nei confronti degli amici a quattro zampe. Alcune pronunce, per esempio quella del tribunale di Milano del 2011 o quella del tribunale di Como del 2016, hanno affermato che il “giudice non si debba occupare dell'assegnazione degli animali domestici”.

Secondo queste decisioni, la questione potrebbe trovare ingresso nelle aule giudiziarie solo in caso di accordo tra i padroni. Tuttavia, altre sentenze - per esempio una pronuncia del tribunale di Milano nel 2013 e di Roma nel 2016 - hanno affermato, al contrario, che l'animale da compagnia è un “essere senziente” al quale deve essere riconosciuto un vero e proprio “diritto soggettivo”. Senza che questo implichi l'equiparazione ai figli. Non è possibile, in altre parole, estendere al cane e al gatto le previsioni del codice civile in materia di filiazione. Ancora, nel 2019, in un crescendo di decisioni garantiste, il tribunale di Como ha addirittura posto l'accento sul “benessere dell'animale” e sul “miglior sviluppo possibile” come valori che il giudice deve considerare nel determinarsi in un senso o nell'altro. È innegabile, quindi, come negli anni vi sia stata sempre una crescente verso i cani, ormai considerati preziosi e insostituibili compagni di vita ai quali dovrà prima o poi essere riconosciuto – anche giuridicamente – il ruolo fondamentale che ricoprono nella quotidianità di milioni di famiglie italiane.

*Studio legale Bernardini de Pace

 

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