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L'avvocato del cuore
Ho saputo di non essere il padre biologico di mio figlio: posso disconoscerlo?

Gentile Avvocato, due mesi fa, ascoltando casualmente una conversazione telefonica di mia moglie, ho scoperto che intrattiene una relazione con un altro uomo. Quest’ultimo, durante la telefonata, ha mostrato un interesse singolare per nostro figlio più piccolo di sei anni e così ho iniziato a dubitare della mia paternità biologica. Determinato a scoprire la verità, mi sono rivolto a un laboratorio per svolgere gli esami genetici, dai quali è emerso proprio quello che temevo: non sono io il padre biologico! Per quanto per me doloroso, vorrei disconoscere “mio figlio” Stefano. Posso farlo?

Quando un bambino nasce durante il matrimonio, si presume che sia figlio della madre e del marito, ma nei fatti potrebbe non essere così.

L’azione di disconoscimento di paternità è regolata dall’articolo 243bis del codice civile e trova il proprio presupposto nella difformità tra la verità apparente e la verità obiettiva e sostanziale. Lo scopo è, infatti, quello di superare la presunzione di paternità e di accertare giudizialmente che il figlio non è stato generato dal marito della madre.

L’articolo 244 del codice civile individua i soggetti legittimati a proporre l’azione di disconoscimento di paternità e, altresì, i termini, a pena di decadenza, entro i quali l’azione può essere esercitata. Ossia, dalla madre, nel termine di sei mesi, decorrenti dalla nascita del figlio oppure dal giorno che ha avuto conoscenza dell’impotenza di generare del marito al tempo del concepimento.

Dal marito, nel termine di un anno, decorrente dal giorno della nascita oppure dal giorno che ha avuto conoscenza della propria impotenza o, come nel Suo caso, dal giorno della scoperta dell’adulterio.

Dal figlio maggiorenne in ogni tempo, essendo l’azione per lui imprescrittibile.

Dal curatore speciale. nominato dal giudice su istanza del figlio minore che ha compiuto i quattordici anni o, qualora il figlio sia infraquattordicenne, su istanza del pubblico ministero o dell’altro genitore.

 

L’articolo 244, però, pone un ulteriore ostacolo per il padre e per la madre che vogliano far disconoscere la paternità del figlio. Infatti, in base a questa disposizione, l’azione di disconoscimento di paternità, in ogni caso, non può più essere proposta decorsi i cinque anni dal giorno della nascita del figlio. Questo, perché il legislatore ha cercato di controbilanciare due interessi fondamentali: quello del presunto padre a far emergere la verità e quello del figlio a mantenere il proprio status.

Come detto si tratta di termini tutti previsti a pena di decadenza e, quindi, sottratti alla libera disponibilità delle parti e decorsi i quali viene meno il diritto delle parti di intraprendere l’azione.

Quindi, caro Signore, anche se Lei ha scoperto l’adulterio di Sua moglie solo due mesi fa e, quindi, rientrerebbe nel termine di un anno per proporre l’azione di disconoscimento di paternità, il bambino ha, però, già compiuto sei anni. Pertanto, Lei è decaduto dal termine previsto dal quarto comma dell’art. 244 del codice civile.

 

L’unico rimedio oggi possibile è quello di coinvolgere il Pubblico Ministero, che qualora riconosca l’interesse di Stefano di conoscere la “verità biologica”, può sollecitare la nomina di un curatore speciale affinché sia quest’ultimo a proporre l’azione di disconoscimento al Suo posto.

 

La “verità biologica” è, infatti, una componente fondamentale dell’interesse del minore a veder garantito il diritto alla propria identità e al riconoscimento di un rapporto di filiazione fondato sulla verità.

Sul punto si è anche recentemente pronunciata la CEDU, la quale ha affermato che limitare la possibilità di contestare giudizialmente la filiazione con dei termini di decadenza stringenti, costituisce un’ingerenza dell’autorità nella vita privata dei soggetti. Ingerenza che potrebbe essere giustificata solo dall’esigenza di tutelare l’interesse alla certezza dei rapporti giuridici, nel duplice profilo dell’interesse del minore e di quello, più generale, della società alla stabilità dei rapporti.

Proprio sulla base di questi principi, potrebbe sensibilizzare il pubblico ministero, unico organo che, allo stato, può ancora intervenire e tentare di porre rimedio alle decadenze nelle quali, senza colpa, Lei è incorso.

 

*Studio legale Bernardini de Pace

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