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L'avvocato del cuore
“Separazione, mio marito non firma: si può opporre?”. Il parere dell'avvocato

Caro Avvocato, sono una donna, moglie e madre di quarant’anni. Mi sono sposata per amore quasi quindici anni fa, e, proprio grazie a questo amore, è nata Bianca. Purtroppo, da circa un anno, l’affetto e la stima che nutrivo per mio marito non ci sono più. Non dormiamo più insieme e il dialogo è ormai inesistente. Io non ho la minima idea di quali siano le “regole” alla base del nostro futuro allontanamento. Mio marito, però, continua a ripetermi che lui non firmerà mai “le carte per la separazione”. Cosa posso fare?

Può sembrare un aspetto tanto banale per chi, come me, lotta ogni giorno nelle aule dei Tribunali fianco a fianco di mogli o mariti arrabbiati e delusi per la fine del loro matrimonio. Eppure, ancora oggi, nel 2020 e in uno Stato fondato sulle libertà e sul rispetto della persona, quando incontro per la prima volta un cliente, una delle prime domande che mi viene rivolta è questa: è vero che mia moglie/mio marito può opporsi alla separazione? Assolutamente NO. La separazione è un diritto. Non esiste alcuna legge che vi costringa a stare con una persona che non amate. Non esiste nessuno che potrà impedirvi di separarvi, tantomeno il vostro coniuge. Ma allora, qual è la strada da percorrere quando uno dei coniugi si ostina a non accettare la fine del matrimonio? Quella della separazione giudiziale. Nel nostro ordinamento, infatti, esistono due tipi di separazione: quella consensuale e quella giudiziale. Ovviamente, la strada migliore è sempre quella della separazione consensuale. In questo caso, infatti, sono proprio marito e moglie a definire tutte le questioni della separazione: l’affidamento e il collocamento dei figli; l’assegnazione della casa familiare; il diritto di visita del genitore non collocatario; il contributo al mantenimento dei figli e, se ci sono i presupposti, anche del coniuge più debole.

Quando, però, la possibilità di trovare un accordo è lontana, se non addirittura impossibile, o quando, appunto, uno dei coniugi si rifiuta anche solo di parlare della separazione, non rimane che lasciare decidere al giudice, instaurando un procedimento giudiziale. In poche parole, il coniuge che decide di procedere, deve depositare in Tribunale un ricorso. Inizia così il procedimento contenzioso, che si svolge in due fasi (la prima davanti al presidente e la seconda davanti al giudice istruttore) e che termina con una sentenza del giudice. Attenzione però: il coniuge che si è opposto alla separazione o che si è ostinato a non voler trovare un accordo, potrebbe essere condannato al pagamento delle spese processuali. Una volta ottenuta la separazione, grazie all’introduzione del cosiddetto “divorzio breve” con la Legge n. 55 del 2015, dopo soli sei mesi (se la separazione è stata consensuale) o un anno (se la separazione è stata giudiziale), si può porre fine definitivamente al matrimonio.

Ovviamente, come la separazione, anche il divorzio è un diritto. Nessuno può opporsi. L’iter per ottenerlo è pressoché lo stesso della separazione: se si trova un accordo si parla di divorzio congiunto, se non si riesce a trovarlo, di divorzio giudiziale. La differenza più importante dalla separazione, è che il divorzio è proprio la fine di tutto: dell’amore e del vincolo coniugale. Grazie poi alla Legge n. 162 del 2014, le coppie che vogliono separarsi (o divorziare) consensualmente, possono intraprendere un percorso diverso e, a volte, più veloce: quello della negoziazione assistita. Questo strumento, che prescinde dal deposito del ricorso al giudice, lo si può considerare un canale alternativo di risoluzione della separazione e/o del divorzio, nel quale l’attività del giudice viene sostituita da quella di due o più avvocati “negoziatori”. Che bisogna saper scegliere, meglio se specializzati. Come vede, gentile Signora, le strade sono tante. Forse, la parte più difficile dopo aver maturato la decisione di separarsi, è quella di “passare all’azione” e di comunicare la propria decisione al coniuge, ai figli, agli amici, ai colleghi di lavoro. Dopodiché, la cosa più importante è affidarsi, appunto, a un bravo avvocato che, analizzata la sua storia coniugale e familiare, saprà suggerirle le scelte migliori. Perché, come scriveva Tolstoj: “le famiglie felici si assomigliano tra loro, mentre quelle infelici lo sono a modo loro”.

Avv. Rebecca Sinatra-Studio Legale Bernardini de Pace

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