Il virus è ovunque e non è liberale
Vengono al pettine le contraddizioni di un Paese dove le tasse le pagano in pochi
È naturale e umano che tutti guardino al proprio ombelico. Dopo le nuove restrizioni, il Covid-19 sembra che si trasmetta in tutti gli ambiti, meno il proprio. È quanto pensano proprietari di bar e ristoranti, di cinema, teatri e palestre. Anche molti presidi di scuole. In realtà il virus è contagioso ovunque, ma in particolare in ambienti chiusi, dove si soggiorna per alquanto tempo, non c’è rigoroso distanziamento ed è più difficile seguire corretti comportamenti (mascherina, lavaggio frequente delle mani etc.).
Dispiace e c’è frustrazione per quanto fatto da parte di queste categorie dopo la prima ondata. Tutto quel lavoro sembra perduto. Dovrebbero però essere consapevoli che lo Stato metterà sul piatto cinque miliardi per le aziende colpite. Non è poco - per ora, in attesa dei miliardi del Recovery Fund - sono soldi che arrivano dalle tasse degli italiani (quelli che le pagano) e da nuovo debito che graverà su quelli di domani. Se la pandemia è come una guerra, dopo la distruzione della Seconda guerra mondiale, i nostri nonni non presero singolarmente tanti soldi, facendo le dovute proporzioni.
In realtà a soffrire di più sono i tanti che lavorano in nero - di sicuro molti anche nelle attività interessate dal Dpcm firmato dal premier Giuseppe Conte -, che saranno esclusi dai risarcimenti. Va anche detto che c’è già il reddito di cittadinanza. Vengono al pettine le contraddizioni di un Paese dove le tasse le pagano in pochi - e per questo sono alte - e c’è il paradosso che il nero e l’illegalità creano non solo poveri, ma anche ricchi. La sola città di Napoli prende più reddito di cittadinanza complessivamente di Lombardia e Veneto, ma queste Regioni sono piene di persone che dichiarano redditi inferiori a quelli di un insegnante e possiedono auto, private non aziendali, da 60mila euro.
Più drammatico sembra il capitolo della libertà. Che venga meno - così da suscitare manifestazioni anche violente - al di fuori della legalità – in tante città - è abbastanza opinabile. Questo del Covid-19 è un caso borderline: se la libertà finisce dove inizia quella degli altri, io sono libero di andare dove voglio e vedere chi voglio, ma se facendo ciò rischio di contagiarmi e quindi poi di infettare altre persone, fin dove può arrivare il principio di responsabilità di fronte a tali conseguenze drammatiche, sotto gli occhi di tutti, sulla salute delle persone e sulla tenuta dello Stato?
C’è poi la depressione di ciascuno, dovuta al fatto di non essere padroni della propria vita… accresciuta dai virologi in fila per farsi intervistare, dai personaggi pubblici che dichiarano la propria positività come strumento di marketing, dai politici che affermano di lavorare giorno e notte…
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