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Coronavirus
Covid e gestione dei pazienti malati: quando la comunicazione fa i danni veri

Il Covid e le colpe della comunicazione 

Dopo due anni di pandemia la stanchezza della popolazione è evidente. Del resto sono stati due anni non facili. Ma è stata evidente anche la resilienza di molte persone e la voglia di combattere il virus e non di "convivere", perchè, la storia ci insegna, che è necessario giungere alla minima forma di patogenicità, per aumentare l' aspettativa di vita, per migliorare la qualità della vita.

Elementi conseguiti lo scorso secolo, allorché furono sconfitte malattie infettive che flagellarono per anni il genere umano. Premesso che l'arma più efficace sono i vaccini, e che non è possibile eradicare il SARS Cov 2 con antivirali e monoclonali, quanto è stato udito ieri sera durante il programma di La7, In Onda, non deve avere più "cittadinanza" comunicativa e sanitaria. I due conduttori, Parenzo e De Gregorio rivolgono una serie di domande all'ospite in studio, il professor Richeldi, primario di pneumologia dell' ospedale Policlinico Gemelli di Roma.

I due giornalisti domandano, visto l'escalation di contagi e il numero abnorme di positivi di questi ultimi giorni, quale sia il comportamento da adottare per i pazienti, con sintomi (febbre, tosse, ecc.) affetti dalla Covid, osservando che l'eminente medico ha tra le sue mani un saturimetro (l'apparecchio medico che misura l' ossigenazione del sangue ovvero se i polmoni riescono ad assumerne in quantità sufficiente dall'aria che si respira).

Risposta del professore, è uno strumento fondamentale per comunicare al proprio medico di base quale sia il valore della propria saturazione, che gli scambi gassosi siano ottimali (valore non inferiore a 92%) e, pertanto, che non vi sia la necessità di recarsi in ospedale visto che non è sussiste una polmonite interstiziale; così, facendo, non si intasano i pronto soccorsi. Nel frattempo, il paziente assume un antipiretico e controlla la situazione clinica.

In sostanza, il professor Richeldi, dopo 23 mesi, ribadisce che è necessario seguire "ancora", il primo protocollo di cura per coloro che sono colpiti dal virus: Tachpirina e vigile attesa... Non credevo alle mie orecchie. La rabbia e l'inquietudine sono salite a livelli parossistici. Nessun cenno del protocollo Remuzzi (intervenire tempestivamente con antinfiammatori prima ancora del esito di positività del tampone), protocollo che ha ridotto notevolmente le ospedalizzazioni; nessun cenno riguardo l'utilizzo degli anticorpi monoclonali attualmente autorizzati dall'AIFA, sottoultilizzati (solo il 10% dei pazienti over 70) tanto che una parte (5200 dosi), prossimi alla scadenza, e non utilizzata, è stata inviata in Romania.

Ma l'aspetto più sconcertante è stata la mancata "reazione" dei due conduttori che non hanno espresso alcuna obiezione, non hanno posto alcuna domanda riguardo l'inutilizzo dei monoclonali, nessuna questione inerente ai nuovi farmaci antivirali prodotti da Mercks (già autorizzati da EMA), da Pfizer (inviati in Israele 20 mila dosi), nulla di nulla, il silenzio totale, anzi espressione di volti sorridenti, e seraficamente hanno cambiato argomento.

Mi fermo qua. Se eminenti professionisti della comunicazione non pongono domande necessarie per migliore la salute dei cittadini e cercare soluzioni opportune e fattibili per sconfiggere il virus, meglio far calare una coltre di silenzio per non cadere nel più becero turpiloquio.

 

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