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Coronavirus
Covid, l’Italia resta un mistero. Le misure più restrittive e i dati peggiori

Covid Italia. Il Green pass più restrittivo ha fatto solo danni? E limitare in modo drastico le libertà? Guarda i dati e l'esperienza di Spagna e Regno Unito

L’Italia resta un mistero. Nonostante in queste ore i riflettori si occupino solo di guerra in Ucraina e si siano allontanati dal Covid, il nostro è stato il Paese con i protocolli forse più restrittivi al mondo. Ma siamo contemporaneamente secondi per vaccinati in Europa e sesti nel pianeta e ancora nei primi posti per morti del continente.

In queste ore si vede finalmente un allentamento delle misure restrittive eppure i contagi e i morti continuano così come gli appelli a tornare a quelle misure in autunno.

Da inizio pandemia i morti in Italia sono 161.336, un numero tra i più alti al mondo. Ancora ieri erano 64.951 i nuovi casi di Covid in Italia su 438.375 tamponi, 149 i deceduti giornalieri. In totale sono 15.533.012 gli italiani contagiati dall'inizio della pandemia e 1.227.662 le persone attualmente positive.

Mentre l’Italia procedeva, tra autunno e inverno, con un Green Pass degno della legge del taglione (da infliggere a persone senza alcuna responsabilità) e una parte della popolazione sospesa e lasciata senza lavoro, il Regno Unito eliminava proprio l’uso della tessera verde, la Danimarca agiva sulla stessa onda, nessuna restrizione in Svezia, il governo spagnolo non introduceva alcun obbligo neanche per i sanitari (se non la mascherina al chiuso per tutti) e la Germania adottava il Green Pass ma solo al chiuso.

Come dicevamo, secondo uno dei portali di ricerche più importanti al mondo, Our World In Data, sviluppato all'Università di Oxford, l’Italia è il sesto Paese più vaccinato al mondo e secondo in Europa (l’85% della popolazione che può farlo per un numero reale di 50 milioni e 75 mila persone) come percentuale di popolazione vaccinabile. Prima di noi solo Emirati Arabi Uniti, Cile, Spagna, Uruguay e Brasile. Anche nelle ultime 24 ore in Italia sono state somministrate 27.000 dosi, così suddivise 1.000 prime dosi, 3000 seconde, 20.000 terze, 3.000 quarte.

Ma ha senso una gestione del Covid come quella italiana? Tutta “scaricata” sulla popolazione con restrizioni delle libertà individuali che i Paesi civili neanche si sognano di valutare?

A metà gennaio fece molto scalpore uno studio della Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere (Fiaso). Sosteneva che “il 34% dei pazienti positivi ricoverati non è malato di Covid-19: non è in ospedale per sindromi respiratorie o polmonari e non ha sviluppato la malattia da Covid ma richiede assistenza sanitaria per altre patologie e al momento del tampone pre-ricovero risulta positivo al Sars-CoV-2″. Secondo la Federazione Fiaso "un paziente su tre, sia pur con infezione accertata al virus Sars-Cov-2, viene ospedalizzato per curare tutt'altro: traumi, infarti, emorragie, scompensi, tumori". Quindi, a tutti gli effetti, non è il Covid la malattia da curare per queste persone (il dato è relativo a i ricoveri dei pazienti rilevati in un giorno qualsiasi di gennaio, monitorati in sei grandi aziende ospedaliere e sanitarie: Asst Spedali civili di Brescia, Irccs Ospedale Policlinico San Martino di Genova, Irccs Aou di Bologna, Policlinico Tor Vergata, Ospedale San Giuseppe Moscati di Avellino e Policlinico di Bari).

Sorge quindi il dubbio se non sia stata sbagliata la strategia di fondo del governo, il modo di interpretare i dati, i tempi degli interventi sanitari su singoli (che invece avevano reali problemi respiratori legati al Covid), le misure restrittive esagerate.

Gli appelli fatti dalle opposizioni alla “sfiducia” nei confronti del ministro della Sanità Roberto Speranza, tra cui il più organizzato quello di Fratelli d’Italia, non sono mai andati a segno e ancora in queste ore Walter Ricciardi, consulente del ministro, ha spiegato sulle colonne de Il Messaggero che in autunno potrebbe esserci una nuova ondata e bisognerà prepararsi a nuovi vaccini sperimentali. Per Ricciardi “non siamo ancora arrivati al picco pandemico”. Si torna al punto di partenza.

Il tutto mentre il governo spagnolo e quello del Regno Unito hanno deciso di trattare il coronavirus come un’influenza, nonostante il tasso di incidenza dei contagi.

Da lunedì 28 marzo in Spagna sono entrate in vigore le nuove regole che prevedono l'obbligo di test solo per le persone vulnerabili e i sanitari. Per il 2023 è previsto un sistema di sorveglianza sentinella, come quello che viene utilizzato per l’influenza, rete di medici di Medicina Generale e di pediatri, reclutati dagli enti regionali, che segnalano i casi di sindrome simil influenzale.

 

 

 

 

 

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