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Coronavirus
Scienziato avanza dubbi sui vaccini. Le reazioni degli esperti italiani

Dopo essere stati il primo giornale italiano ad aver scritto sullo studio del professor Peter Doshi (per il New York Times una delle figure mondiale più importanti in fatto di sicurezza dei farmaci e valutazione dell'efficacia) pubblicato sul British Medical Journal Opinion dove dice che i vaccini di Pfizer e Moderna sarebbero efficaci al 19-29% e non al 95%, abbiamo chiesto un parere a diversi esperti italiani. 

Come abbiamo raccontato anche in passato, Doshi ha più volte chiesto alle aziende farmaceutiche di pubblicare i dati grezzi, criticando protocolli e affermazioni entusiaste già all’annuncio del vaccino, basate sui comunicati stampa delle società produttrici.

Il ventaglio di reazioni degli esperti italiani è frastagliato, da chi è più critico a chi valuta positivamente le analisi, ma crediamo sia importante conoscerle perché comprendere e capire è più rilevante che parteggiare per le sicurezze dei fanatici testimoni di Geova del vaccino così come, all’estremo opposto, per i negazionisti apriori della cura vaccinale.

Il virologo Giorgio Palù: “Doshi, in sostanza dice che non hanno considerato quello che poteva essere Covid 19, i sintomi sistemici dell’effetto del vaccino ad Rna, quindi hanno depennato 2900 casi… ma cacchio gli scienziati degli enti regolatori sono soggetti terzi che valutano in modo serio i dati. Se non ci crediamo è finita. Sennò qual è l’alternativa? Fare come i cinesi che vaccinano milioni di persone senza un ente di regolazione terzo? Chiediamoci invece allora se vogliamo un sistema diverso di valutazione della scienza e se vogliamo che voci isolate si oppongano. Queste voci dovrebbero guardare a cosa sta accadendo nel continente africano e in Sud America, dove il vaccino viene elargito a centinaia di migliaia di soggetti senza che nessuno se ne curi. Perché il virus continua a circolare. Se noi ci proteggiamo anche con l‘immunità di gregge e di là si infettano, perché non sono immuni, ci infetteremo anche noi dopo“.

La microbiologa Maria Rita Gismondo: “Il dubbio che avanza Doshi, che per altro lo avanza con supporti ragionevoli, apre una voragine. Io mi auguro che sia una svista o un eccesso, una mancanza di dati da parte di Doshi perché avere il 29% di efficacia anziché un 70 o 90%, sarebbe il crollo della speranza vaccinale. Io voglio proprio escluderlo perché mi farebbe piombare in un pessimismo di cui non abbiamo bisogno assolutamente in questo momento. Io non voglio neanche pensare ad un’ipotesi di leggerezza da parte di Ema e delle varie istituzioni regolatorie nazionali perché sarebbe veramente il crollo della fiducia. Però Doshi mette in evidenza dei dati. Fino a dicembre avevamo solo dei comunicati stampa, era poco e questo lo avevo evidenziato anch’io. Era un problema esprimere una qualsiasi fiducia su un vaccino in quelle condizioni. Però la cosa importante oggi è che questi dati siano stati consegnati agli enti regolatori. In questo momento non sappiamo e non possiamo giudicare. L’aspetto veramente critico in questo frangente sono i tempi vaccinali e le dosi, troppo lenti i processi per un vaccino che dovrebbe essere efficace per 7 o 8 mesi. Rischiamo di vanificare le vaccinazioni fatte”.

Il virologo Giulio Tarro: “L’ipotesi dei vaccini, con questa nuova ‘tecnologia’ che è stata utilizzata, è stata comprata a scatola chiusa, anche se la gente poi parla e pubblica questi studi critici, inevitabilmente. Noto anche che l’informazione è diventata di parte senza un reale motivo. Poi c’è sempre l’aspetto di cui non si parla e che nel bugiardino si dice, vista la risposta autoimmune indotta del vaccino, cioè la possibilità che poi si sviluppino malattie autoimmuni. Visto che loro l’hanno messa nel bugiardino bisognerebbe magari dare consistenza a questa possibilità, siccome è stata studiata per altri tipi di malattie. Nel senso che la difesa dal virus indotta dal vaccino può dare anche altre risposte nel tempo, con l’attivazione di altri geni umani e questo è il problema principale che è sempre stato sottovalutato”.

L’ematologo Paolo Bellavite: “Doshi ha formalizzato una critica forte, metodologica. Faccio un esempio: lui sostiene che coloro che sono stati vaccinati e che hanno avuto effetti avversi potrebbero attribuire i loro sintomi al vaccino piuttosto che al Covid e quindi non sono neanche andati a farsi vedere. Tutta la ricerca non è stata una ricerca attiva ma sviluppata soltanto quando la persona stava male. In quel momento contattava il centro di ricerca e veniva sottoposto al tampone. Quindi i dati risultano dubbi. E’ uno studio il suo che va considerato. D'altronde si è stabilito un modo di pensare pubblico che dice che il vaccino sicuramente fa bene e chi lo critica è un No Vax. Anche se si tratta di grandi esperti questi vengono subito squalificati e stigmatizzati come No Vax. Ma questo è un modo di procedere assolutamente non scientifico perché nella scienza si confrontano i pareri diversi. Ed è anche un modo molto pericoloso e controproducente perché nella scienza, come nella democrazia, l’opposizione al parere dominante ha una funziona fondamentale: aiutare il parere dominante a perfezionarsi. Doshi valuta in maniera critica il tipo di diagnosi che è stata fatta in questa ricerca. Risultano molti soggetti che hanno sintomi e magari non sono stati classificati né nel gruppo di placebo né nel gruppo del vaccino. E’ come se fossero stati selezionati solo alcuni casi. La ricerca sul vaccino è stata fatta molto in fretta, viste le tempistiche, e presenta questo dubbio. Poi c’è il dubbio che non sia stato usato un vero placebo perché per come è stato applicato viene facilmente riconosciuto dalla persona vaccinata o non vaccinata, date le reazioni avverse. Doshi costringe a mettere alla prova le ipotesi e questo è un bene. Il vaccino ha una specie di patente di bontà apriori perché dietro al vaccino c’è un’idea scientificamente anche molto discutibile che dice che il vaccino fa bene a tutti. Ma pensare che il vaccino faccia sempre bene e in più ci liberi da tutto è estremamente rudimentale e basato su evidenze molto deboli. Si fa l’esempio, anche tecnicamente sbagliato che il vaiolo sia stato eliminato dal vaccino, quando invece è stato eliminato dall’isolamento degli infetti ed eventualmente dalla vaccinazione ad anello dei contatti ma non certo dalla vaccinazione universale”.

 

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