Nel corso della conferenza stampa di ieri il Presidente Draghi ha stigmatizzato, in modo molto suggestivo, il comportamento delle categorie dei furbetti che hanno beneficiato della somministrazione dei vaccini anticovid, scavalcando la lista delle priorità previste dal piano vaccinale.
Lo ha fatto con un riferimento, a titolo di esempio, ad un generico “psicologo trentacinquenne” che non avrebbe avuto coscienza nell’accettare il vaccino sottraendolo, quasi volutamente, ai cittadini anziani o fragili.
La considerazione ha un vizio di fondo che è quello di valutare alla stessa stregua dei furbetti (che pur ci sono stati considerato l’ingente numero di vaccinati che compare nell’elenco delle categorie inserite alla voce “altro”) coloro che in base alle disposizioni dei propri enti territoriali di riferimento, le regioni, hanno solo beneficiato di un’opportunità che non è stata esercitata in modo furbesco, ma attraverso l’ iscrizione in una apposita categoria creata ad hoc dalle regioni, riconosciuta attraverso atti formali della pubblica amministrazione.
Perché allora stuzzicare l’opinione pubblica additando al pubblico ludibrio coloro che hanno esercitato un diritto regolarmente riconosciuto e che oltretutto si sono candidati alla vaccinazione tramite i portali degli enti pubblici destinati ai soggetti identificati come beneficiari (rispettando pedissequamente tutte le procedure previste)?
Trattare in modo semplicistico il problema, scaricando la responsabilità sui singoli cittadini, rischia di alimentare una, non più sopita, rabbia sociale che può trasformarsi anche in una indisponibilità alla vaccinazione percepita come un privilegio di pochi.
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