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Costume
Il gin degli elefanti

Di Giuseppe Morello

Che c'entra il gin con gli elefanti? In realtà niente, ma c’è qualcuno che ha trovato il modo in un sol colpo di cambiare vita, produrre un ottimo gin e proteggere gli elefanti. Mica male, eh? 
 
Robin Gerlach e sua moglie Tessa sono i giovani produttori dell'Elephant Gin (in Italia distribuito da Compagnia dei Caraibi), ma lo sono diventati perché prima di amare il gin si sono innamorati degli elefanti e così, per aiutare i pachidermi, hanno cominciato a produrre questo originalissimo distillato, preparato a mano con 14 ingredienti emblematicamente africani, tra cui il frutto del Baobab, la pianta Buchu (una specie di ribes nero), l’agathosma e l'artemisia e l'assenzio africani. Lo producono ad Amburgo, ma ricorda l'Africa già dall'etichetta, disegnata a mano con mappe che alludono al continente nero. 
Elephant Gin (ed è questo il pezzo forte del progetto) nasce per devolvere il 15% del ricavato di ogni bottiglia a due fondazioni africane che si occupano della salvaguardia degli elefanti: la Big Life Foundation e Space for Elephants.  
La loro storia è intrigante e noi ce la siamo fatta raccontare da Robin, arrivato in Italia per un’occasione speciale, che già da sola indica il crescente successo di questo gin. 
Elephant infatti ha presentato una nuova referenza in edizione limitata ed esclusiva per il bar Marelet di Treviglio (Miglior Bar d’Italia 2017 secondo il Gambero Rosso, della stessa proprietà del ristorante stellato San Martino). Così è nato il Marelet Special Batch. 
 
Robin, come è cominciato tutto?
 
Nel 2009 Tessa era andata in Africa per occuparsi per alucni mesi di elefanti con la Fondazione. Quando è arrivato il momento di rientrare, sono andato a prenderla, ma lei mi ha detto di voler rimanere ancora in Africa e occuparsi di elefanti perché l’emozione di quella esperienza l’aveva rapita. Confesso che stando lì anche io ho avuto una emozione analoga. Inevitabile quando sei nel cuore della natura, circondato da elefanti e da spazi immensi. 
 
Cosa facevate in quegli anni?
 
Stavamo lavorando a Londra: io in una banca nel campo della consulenza finanziaria. Tessa invece lavorava nella produzione cinematografica. 
 
Dunque, tornati dall'Africa cosa è successo?
 
Nel 2010 avevamo solo la voglia di occuparci di elefanti e prendercene cura. Ancora non sapevamo come. Abbiamo passato un lungo periodo in cui parlavamo solo di elefanti. Anche se andavamo a una festa, ci mettevamo in un angolo a parlare di elefanti tra noi o con altri che ne erano interessati. Una vera ossessione. 
Poi abbiamo deciso che dovevamo fare qualcosa di concreto. Volevamo raccogliere fondi, ma non attraverso iniziative di charity: volevamo produrre qualcosa che interessasse e che le persone fossero disposte a comprare. 
 
Avete pensato subito al gin?
 
No, abbiamo pensato prima di produrre t-shirt, cappellini, scarpe e molte altre cose. E solo alla fine siamo arrivati al gin. Io amo i sapori e gli odori, ma non sapevo nulla del gin. Cosi abbiamo deciso di fare un gin che avrebbe contenuto il sapore dell’Africa. 
 
Quando avete distillato la prima bottiglia ufficiale?
La prima bottiglia a fine 2013. Siamo andati avanti così per un anno e mezzo, facendo del gin il nostro hobby, che però occupava vacanze, fine settimana, notti dopo il nostro lavoro. Ma in questo modo non avevamo piu tempo per noi, per gli amici, per la nostra vita. Allora nel 2015 ci siamo licenziati, abbiamo lasciato Londra per tornare ad Amburgo e ci siamo dedicati al gin a tempo pieno. L’alternativa sarebbe stata rinunciare al progetto, ma ci tenevamo molto, era la nostra passione.
 
Quanto avete raccolto in questi anni per gli elefanti?
In questi anni abbiamo devoluto 260 mila euro, ma non solo attraverso la vendita del gin, anche attraverso inziative collegate. 
 
Che piani avete per il prossimo futuro?
 
Vogliamo costruirci la nostra distilleria per poter mettere in mostra il nostro prodotto, farlo assaggiare e per poter permettere agli appassionati di visitarci ad Amburgo e di toccare con mano il processo produttivo. 
 
E in Africa ci tornate?
Una volta all’anno io e Tessa andiamo in Africa alla Fondazione per vedere lo stato dei progetti realizzati e per decidere quale nuovo progetto sostenere.
 
 
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Tags:
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