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Costume
La moda italiana deve affrontare il razzismo. Parola agli addetti ai lavori

Quando i media citano esempi di case di moda che cooptano immagini razziste secolari, rinnovandole (il maglione blackface di Gucci, il pupazzetto Pradamalia, lo spot con la pizza di Dolce&Gabbana), una comunanza è spesso trascurata: Gucci, Prada e Dolce&Gabbana sono aziende italiane. Si legge sul The Guardian, in un articolo in cui il quotidiano britannico facendo riferimento alle attuali vicende antirazziste che a livello globale stanno coinvolgendo, tra gli altri, anche il sistema moda, non manca di richiamare all'appello anche la moda del Belpaese.

A parlare è Edward Buchanan, che gestisce il marchio di maglieria Sansovino 6 a Milano, dopo aver lasciato New York per trasferirsi nel capoluogo meneghino e unirsi al marchio luxury Bottega Veneta nel 1995. "Conoscendo la cultura, non sono assolutamente sorpreso che questi abiti razzisti provengano da case di moda italiane", afferma Buchanan. "Tutti sono pronti a dire: 'Oh, abbiamo messo un modello nero o di razza mista in passerella o sulla copertina di una rivista', ma dietro le quinte non ci sono designer o merchandiser neri" sottolinea. "In questo settore ho sempre avuto l'impressione che essere nero per la maggior parte degli italiani voleva dire essere l'africano  che vende le finte borse Prada per strada" prosegue.

Torna in mente quando Stella Jean, si è vista costretta a prendere posizione in seguito alle microaggressioni divenute incontenibili. "Durante la scorsa settimana della moda milanese ho deciso di non mostrare la mia collezione, dato che il problema razziale in Italia non era più accettabile", dichiarò la designer italiana di madre haitiana. "Non potevo tacere e tenere una sfilata di moda, come se non stesse accadendo nulla di grave." Concentra poi i suoi sforzi su Italians in Becoming, un progetto di fotografia e video che ha messo in luce il multiculturalismo di 20 donne italiane. Progetto, che stando alle successive dichiarazioni della stilista, è stato ignorato dalla stampa di moda italiana, perché l'idea dell'identità italiana è un argomento alquanto delicato. "La maggior parte delle riviste non ha nemmeno risposto. Alcune istituzioni spingono fino a suggerire di non collaborare più con me".

"Il blowback che Jean ha incontrato è indicativo di quanto sia controversa l'idea di "identità italiana" continua il quotidiano. A febbraio la modella Maty Fall Diba è apparsa sulla copertina di Vogue Italia con la copertina “Italian Beauty” e tenendo la parola “Italia" vicino al corpo. Ma Daniele Beschin, consigliere del partito della Lega di estrema destra, ha dichiarato che seppur bellissima non fosse una "bellezza italiana"(Diba è nata in Senegal ed è cresciuta nella città italiana di Chiampo).

"Questo è un vero problema", afferma Buchanan. “Parli con un afro-italiano che vive a Milano, che parla milanese e viene considerato africano. Come cultura, l'Italia non è pronta a dire: "Questa persona è italiana".

Il razzismo è al centro della moda: è tempo di cambiare. “Devi parlare con le società di reclutamento esecutivo che stanno impedendo alle persone nere e marroni di trovare lavoro presso l'azienda. Devi parlare con i sistemi educativi e chiedere perché le persone nere e marroni non sono ammesse alla scuola di design. Non puoi nemmeno avere una vera conversazione su inclusività o diversità se non sei diverso all'interno".

Buchanan conclude che la radice del problema razziale della moda italiana è una storia coloniale di cui nessuno parla veramente. "A Valenza vado a prendere un caffè e mi è servito in una tazza con sopra una figura di mamma nera", dice. “Nessuno lo mette in dubbio, e se lo fai ottieni un'arrogante difesa. Gli italiani pensano che il razzismo sia qualcosa che accade sull'acqua in America, ma nessuno parla della storia coloniale in Somalia, Eritrea e Libia", dice. "Non sono sicuro che quelle conversazioni avvengano nei sistemi educativi".

Jean parla di "estrema fatica" attorno all'ammissione del razzismo in Italia. "Ma ciò non giustifica la costante negazione". Quale sarebbe il prossimo passo? Secondo Buchanan occorre un cambiamento più profondo della filosofia nella psiche italiana. "Un primo passo coerente sarebbe parlare con noi, invece di parlare di noi."

 

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