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We are social sbarca a Madrid. "La rivoluzione del social thinking"

Social Thinking. Ovvero un approccio alla creatività che parte dalla comprensione del comportamento sociale delle persone e, di conseguenza, prende in considerazione le piattaforme per loro rilevanti. Questa la “filosofia” di marketing e comunicazione che ha portato “We Are Social” da startup ad agenzia globale in soli otto anni. Un progetto nato a Milano nel 2010, nel mezzo della crisi economica, da 3 amici non ancora 30enni, oggi diventato una rete di oltre 700 specialisti che lavorano in 12 uffici sparsi nel mondo: oltre al capoluogo lombardo, anche New York, Londra, Parigi, Monaco, Berlino, Dubai, Singapore, Shanghai, Pechino, Sydney e, da oggi, Madrid. Tra i brand supportati, Lavazza, Campari, Barilla, adidas, Vodafone, Netflix e Samsung.

“L’apertura dell’ufficio di Madrid è l’ulteriore tappa di un processo di internazionalizzazione iniziato con la nascita stessa di We Are Social - spiegano ad Affaritaliani.it i tre co-founder Gabriele Cucinella, Stefano Maggi e Ottavio Nava, che ora assumono il ruolo di CEO Italia e Spagna - . Oltre all’Europa, siamo molto forti in Cina, Nord America e Australia. Da pochi mesi abbiamo acquisito inoltre Socialize, la più importante agenzia di social media dell'area Medio Oriente e Nord Africa, con sede a Dubai. La Spagna è per noi un mercato di sbocco naturale: Madrid ha molte caratteristiche in linea con Milano, come lo sviluppo negli ultimi 10 anni di una nuova generazione di talenti creativi, tanto è vero che la Spagna agli Award internazionali del settore è sempre più rappresentata. Inoltre il mercato spagnolo ha un’economia finalmente sana, dopo una forte crisi, e in crescita, come in espansione è il mercato dell’adv: ci sono aspettative di aumento del 90% degli investimenti pubblicitari tra il 2018 e il 2020”.

Qual è stata l’idea vincente alla base di questo sviluppo? 

“Siamo nati nel 2010 nel pieno  della rivoluzione dei social media e ci siamo subito specializzati in questo settore della comunicazione. Posizionandoci come “socially-led creative agency”,  siamo riusciti a occupare uno spazio di posizionamento unico nel mercato: da un lato c’erano le società di adv più tradizionali, dall’altro gli specialisti del digital, che però erano rimasti confinati a un approccio forse un po’ tecnico. Inoltre, abbiamo investito tanto nella ricerca dei talenti e nella crescita delle persone all’interno dell’agenzia. Oggi abbiamo un primo livello di management, che riporta direttamente a noi, con un’età media giovane, ma molto preparato. Gli aspetti di diversity sono tenuti particolarmente in considerazione: il 50% dei dipendenti è donna e non facciamo distinzioni in base a provenienza geografica o orientamento sessuale. Proprio questa diversità ci ha aiutato a servire bene i nostri clienti, perché si traduce in approccio creativo molto variegato”.

Ora avete 10 posizioni aperte per la sede di Milano, che conta più di 180 dipendenti: al di là delle competenze specifiche, quali sono le caratteristiche che cercate per le nuove assunzioni?

“Il modo che abbiamo di lavorare è molto collaborativo: ci teniamo che tutti partecipino al processo creativo e allo sviluppo del prodotto finale, per cui serve una buona predisposizione a lavorare in team allargati, in cui si fa tutti parte dell’azione. Inoltre,  è importante condividere i 4 valori della nostra cultura aziendale: essere social, honest, inspiring e passionate. Ovvero, bisogna amare la socialità, esprimere onestamente i propri pensieri, essere di ispirazione per gli altri ed essere appassionati rispetto al nostro lavoro e alla creatività".

wearesocial
 

La teoria del “social thinking” è stata anche formalizzata nel libro “Creatività in pubblicità. Dalla logica alle emozioni”, scritto quest’anno insieme a Marco Lombardi per Franco Angeli Editore. 

“Il social thinking è l’elemento distintivo del nostro approccio alla creatività: i social media sono messi al centro del processo su tre livelli. I “social insight” sono il nostro punto di partenza, la base su cui sviluppiamo le idee per i nostri clienti: forniscono evidenze spesso nascoste, inaspettate o inespresse che possono condizionare il modo in cui viene visto un brand, un prodotto o una categoria. Poi arriva la fase delle “social idea”: idee in grado di unire le persone, attivare conversazioni e stimolare all’azione. A questo punto c’è uno scambio di valore attraverso i social: a fronte di una partecipazione attiva, si ottiene qualcosa in cambio, che si tratti di informazione, intrattenimento o vantaggio commerciale”.

Progetti iconici che rappresentano bene questo approccio?

“Lavazza, Samsung ed Ikea sono 3 progetti interessanti realizzati quest’anno. Nel primo caso, con il “Coffee Study Program” quattro studenti provenienti da tutto il mondo hanno viaggiato da Torino alla Repubblica Dominicana alla scoperta della produzione sostenibile del caffè portata avanti dalla Fondazione Lavazza. Con “Samsung #OraIllegale” abbiamo invece utilizzato l’ora di cambio tra solare e legale per offrire un fortissimo sconto commerciale sulla lavatrice di punta dell’azienda che ha come promise del prodotto proprio quella di far risparmiare un’ora di tempo. “Vittime dei fashion victim” è infine il progetto Ikea in cui abbiamo puntato sullo storytelling di situazioni familiari o di coppia in cui una persona si riempie la casa di abiti, creando problemi di convivenza: un modo per raccontare tutta la linea di prodotti legati all’ottimizzazione degli spazi domestici". 

 

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