Cronache
Political risk, "Italia all'estero percepita come il Messico"

"Siamo percepiti come miniera d’oro per opportunità e progettualità, ma come paese molto corrotto”. L'intervista
“L’Italia? Viene percepita come il Messico. In termini di burocrazia e istituzioni siamo un paese del terzo mondo. E le aziende straniere -sono migliaia- che vogliono fare investimenti in progetti italiani chiedono per prima cosa una valutazione del rischio politico. C’è la consapevolezza del valore racchiuso nelle nostre imprese, c’è altrettanta diffidenza”.
Mirko Giordani ha 27 anni e fa un lavoro singolare. Un mestiere che non si trova nei vademecum di orientamento universitario - perlomeno non nel nostro paese -: intelligence, nel senso di valutazione del “rischio politico” di un territorio. Una sorta di due diligence degli apparati politico istituzionali di interi paesi o aree geografiche affinché i denari di chi investe non siano ingoiati da burocrazia, corruzione, infiltrazioni mafiose, instabilità di governo. Un mondo che, come dice lui, somiglia più “ai romanzi di John Le Carré che a un film di James Bond”. Mondo al quale Mirko è arrivato dopo studi alla Luiss di Roma e un MA in National Security Studiaes al King’s College di Londra “sede dell’unico dipartimento mondiale dedicato alla guerra” : ora, dopo aver lavorato per una società di intelligence inglese e come lobbista per una multinazionale dell’energia in Italia e dopo essersi costruito fonti affidabili sul fronte internazionale, il giovane italiano ha aperto la sua società, Prelia, definita come Strategic Advisory Group. Alla voce “servizi” si leggono definizioni come “due diligence politica”, “esposizione politica”, “intelligence reputazionale”, “mappatura dei critical stakeholders” e analisi del “rischio paese”.
Tantissime richieste di investimento, ma la percezione dell’Italia è quella di un paese sudamericano?
“Nonostante i piagnistei, il nostro paese è oltremodo interessante per gli investitori stranieri. Perciò fondi, avvocati d’affari, banche di investimento, chiedono di norma una valutazione del rischio. Cosa del tutto normale, nelle aree instabili: se devi fare un pozzo di petrolio con chi parli? Chi scegli come referente? Un fondo che si occupa di Forex e deve agire in Turchia rischia che Erdogan si svegli e cambi le regole? Penso di aver contribuito a salvare decine di società da perdite ingenti. Ricordo ad esempio un nostro cliente che aveva investito in sette casinò messicani e glieli hanno chiusi di colpo: era il tipico caso di corruzione in cui il competitor aveva pagato mazzette per mettere in ginocchio il rivale. Ma non pensiamo che L’Italia venga percepita come paese europeo, anzi, stabilità e sicurezza sono esattamente i punti che dobbiamo verificare ogni volta per i nostri clienti. Siamo percepiti come una miniera d’oro per opportunità e progettualità, ma come paese molto corrotto”.
Quali sono gli aspetti più temuti degli italiani?
“Giustizia lenta, eccesso di burocrazia, pervasività della politica. Inoltre è fortissimo il timore di infiltrazioni mafiose in alcune aree. Altrove, un personaggio politico che finisce sui giornali per uno scandalo non è propriamente cosa normale. A noi sembrano casi di ordinaria amministrazione, per uno straniero significa bandiera rossa. Però l’eccellenza manifatturiera italiana fa gola. Le richieste di investimenti nel nostro paese, al netto del political risk, sono migliaia. Il bello è che raramente chiedono indagini su aziende di grandi città come Roma, Napoli o Milano, per la gran parte si tratta di realtà sperdute nella provincia. Certo, non siamo il Nyamar o la Thailandia, o il Sud Est asiatico che è attraversato da tensioni percepibili a occhio nudo. Ci sono aree da Far West, come l’Indonesia che è il paese più competitivo al mondo, o la Malesia. Ma sull’Italia in ogni caso vengono aperte centinaia di due diligence. I fondi stranieri sanno benissimo quale valore rappresentano le piccole medie aziende italiane, ma giustamente vogliono sapere che aria tira, quante possibilità ci sono che un governo cada o cambi le carte in tavola. E nonostante le lagnanze quotidiane, dal punto di vista delle opportunità l’Italia è vista come un paese solido ”.
Come si fa a diventare esperti di intelligence?
“Prima di tutto bisogna avere una bella conoscenza geopolitica e dimestichezza con le lingue (Giordani interviene come commentatore politico in un canale di news asiatico, ndr). Poi, bisogna costruirsi ottime fonti. Io sono entrato in questo mondo a 24 anni, ho fatto Scienze Politiche a Roma, poi mi sono trasferito su Londra e lì è tutto diverso, non passa solo dalle attività di lobbying. La storia coloniale e mercantile degli inglesi rende normale questo approccio al business. Si tratta di un mestiere a tutti gli effetti. Ad esempio, la prima società in cui ho lavorato aveva ex agenti dei servizi segreti che utilizzavano nomi falsi e raccoglievano informazioni sulle persone sensibili sotto copertura (come quando gli investigatori di una società israeliana di intelligence indagarono sulla Soundreef, agenzia a cui sono passati artisti come Fedez, Gigi d’Alessio, Rovazzi, spacciandosi per altre persone come narrava l’inchiesta de L’Espresso, ndr); Oppure si usano fonti esterne che conoscono molto bene il contesto: io sono specializzato su Europa, Medio Oriente, Sud Est Asiatico e India. Ma funziona anche al contrario: non solo stranieri che chiedono informazioni per investire qui, ma altresì aziende italiane che vogliono espandersi fuori. Per capire cosa facciamo bisognerebbe guardare serie come Le Bureau del Legendes. Ma questa è vita reale”.