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Cronache
Arleo: le pmi fondamentali per la ripartenza, i ristori non sono sufficienti

“Non potrà esserci ripartenza nell’economia del nostro Paese senza che le piccole e medie imprese siano messe in condizione di riprendere a crescere e creare occupazione e sviluppo. Interi settori sono falcidiati dalla crisi e la logica dei ristori non basta e non copre i gravi danni che i settori stanno subendo. La mancanzadel settore Alberghi, come citato dal presidente Federalberghi Bernabò Bocca, rappresenta un esempio di categorie non incluse”.

Inizia così la sua intervista ad Affaritaliani il  responsabile dell'Osservatorio sulla Ricostruzione economica Post Covid19 del think tank Competere.eu.

“Le piccole e medie imprese -afferma Arleo- non solo rappresentano la maggioranza delle imprese e degli addetti nel nostro Paese ma sono anche i luoghi in cui nasce quell’innovazione oggi così strategica per rendere competitivo l’Italia”.

Quali sono gli strumenti finanziari più utilizzati dalle pmi nell’affrontare questo periodo? "Sicuramente la presenza dei ristori, presenti nell’ultimo Decreto, rappresentano un tentativo di recuperare il mancato fatturato anche del periodo natalizio, importante che però siano per tutte le categorie e siano assolutamente velocissimi, sia da parte del Governo che dalle regioni. Teniamo anche conto, come si evince dal rapporto Istat reso noto qualche giorno fa, che il debito bancario, assistito da garanzia pubblica, sia stato lo strumento più utilizzato da parte delle micro e piccole imprese per fronteggiare il fabbisogno di liquidità portando al primo semestre 2021 le MPMI verso la decisione dell’autofinanziamento. Il tremendo pericolo, quindi, può essere una morsa tra debito e difficoltà economica delle imprese nel ripartire subito e bene".

Com’è la situazione delle micro e piccole imprese presenti al Sud? "Secondo i dati Istat le imprese localizzate al sud hanno avuto nei mesi scorsi una perdita di oltre il 50% del fatturato e la soluzione preferita dagli imprenditori è un ricorso massiccio al debito sebbene i cali di fatturato siano comunque minori rispetto a quelli di inizio pandemia".

Oltre al debito bancario quali sono gli strumenti preferiti dalle imprese? "Solo parzialmente le imprese si sono rivolte ad altri strumenti di liquidità tipo le linee di credito o anche il differimento nei rimborsi dei debiti anche tramite la moratoria. Questo è quanto emerge dalla rilevazione condotta dall’Istat in merito alla “Situazione e prospettive delle imprese nell’emergenza sanitaria Covid-19” aprendo di fatto un quadro fatto di forte indebitamento nel breve periodo da parte delle micro e piccole imprese che, attingendo a capitale di debito, ancorchè garantito dallo Stato, ad oggi non ha molta fiducia nella continuazione della propria attività d’impresa. Secondo, quindi, quanto emerge dalle statistiche condotte il 68,9% delle imprese ha dichiarato di essere in piena attività, il 23,9% di essere parzialmente aperta - svolgendo la propria attività in condizioni limitate in termini di spazi, orari e accesso della clientela. Il 7,2% ha invece dichiarato di essere chiuso: si tratta di circa 73 mila imprese, che pesano per il 4,0% dell’occupazione".

Secondo lei qual è stato l’impatto dei prestiti garantiti dallo Stato? "A partire da giugno 2020 quasi il 38% delle imprese con tre dipendenti ha fatto richiesta di finanziamenti garantiti dallo Stato, che sia fondo di garanzia o Sace, e la frequenza maggiore riguarda le imprese piccole, quasi il 40%, rispetto a quelle grandi, quasi il 22%, con i settori della ristorazione, commercio, trasporti e produzione di beni alimentari ad essere quelli maggiormente attenti all’opportunità dei prestiti. Tra le imprese richiedenti, poi, oltre quattro su cinque (82,0%) hanno ottenuto il finanziamento in formula piena, l’8,0% l’ha ottenuta ma con una decurtazione ed, infine, l’1,6% non ha ottenuto l’incentivo ed infine 8,4% era in attesa di ricevere risposta".

Quali sono gli strumenti che le imprese utilizzano per fronteggiare il costo del lavoro? "Sicuramente il ricordo alla Cassa integrazione guadagni e al Fondo integrazione salariale sono gli strumenti più utilizzati. Meno diffuso infine l’utilizzo di altri strumenti “strategici” come la riduzione del delle ore lavorative o dei turni, obbligo delle ferie, ecc. Aspetto importante, poi, è che circa i ¾ delle imprese hanno modificato il loro assetto lavorativo mentre la restante parte degli imprenditori, special modo quelli al di sotto dei 50 dipendenti, non hanno attuato alcuna modifica sul personale, in maggior parte nei settori industria, costruzioni, commercio e trasporti".

Quali prospettive vede per il primo semestre 2021? "Le prospettive, infine, per il primo semestre 2021 sono rappresentate dall’autofinanziamento per circa il 60% delle imprese con almeno 3 dipendenti ma comunque inferiore rispetto a quanto dichiarato nel periodo pre covid-19. In subordine le imprese rappresentano come fonte di finanziamento quello bancario, a medio e lungo termine o a breve termine. A seguire, ma in maniera molto minore, l’accesso al credito esterno bancario quale factoring, leasing e credito commerciale. Sicuramente l’accesso al capitale di debito, sebbene in maniera minore rispetto all’inizio della pandemia, sarà il tema principale a cui le imprese, di ogni dimensione e localizzazione geografica, dovranno approcciarsi a partire dal primo semestre 2021 nuova ondata pandemica permettendo".

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