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Bambini tolti alla famiglia del bosco, la psicologa Bolzan: “Un ambiente alternativo non è un rischio. Basta strumentalizzazioni"
Affaritaliani ha intervistato Flaminia Bolzan, psicologa e criminologa, che offre una lettura lucida della vicenda dei bambini tolti alla "famiglia del bosco"

Flaminia Bolzan
Bambini tolti alla famiglia del bosco, Bolzan ad Affaritaliani: “La diversità non va stigmatizzata: conta il benessere del minore”
Li hanno portati via in silenzio, all’improvviso. Nel casolare nascosto tra gli alberi è rimasto solo il padre, insieme a un vuoto probabilmente immisurabile. Tre bambini di sei, sette e otto anni sono stati allontanati dalla loro casa e portati in una comunità di Vasto insieme alla madre, dopo l’ordinanza del Tribunale per i minorenni dell’Aquila. Un provvedimento drastico che ha spaccato l’opinione pubblica, scatenato una tempesta sui social e acceso lo scontro tra politica e magistratura.
Ma oltre il clamore resta una domanda cruciale: come si valuta davvero la capacità genitoriale in situazioni così estreme? E vivere isolati nella natura può essere un rischio o, al contrario, una risorsa per un bambino?
Per capirlo, Affaritaliani ha intervistato Flaminia Bolzan, psicologa e criminologa, che offre una lettura del caso oltre le polemiche, chiarendo cosa distingue un rischio reale da un ambiente alternativo capace di sostenere una crescita serena.
Dottoressa, secondo lei in che misura una famiglia può scegliere liberamente il proprio modello educativo, indipendentemente dal luogo o dallo stile di vita adottato?
"Le modalità educative familiari possono essere analizzate in base al bilanciamento tra controllo e supporto emotivo e si articolano in stili differenti con impatti profondi sullo sviluppo del bambino. La libertà di scelta in tal senso è prerogativa dei genitori, quando gli stessi detengono la responsabilità sul minore, ma è doveroso tenere presente che uno stile educativo trascurante, negligente, o eccessivamente permissivo o controllante, può comportare a lungo termine delle conseguenze anche significative per uno sviluppo psicologico sano del minore".
Vivere in un bosco o comunque a stretto contatto con la natura può offrire reali vantaggi per i bambini rispetto a un contesto urbano?
"Negli ultimi decenni diversi studi di ricerca hanno indagato i benefici dell’esposizione alla natura sulla salute psico-fisica delle persone e gli ambienti naturali forniscono stimoli sensoriali vari e coinvolgenti che aiutano i bambini a sviluppare la capacità di concentrazione, favoriscono la calma emotiva e stimolano emozioni positive. Ovviamente nella valutazione di questi benefici si deve comunque tener conto anche di altri aspetti, decisamente pregnanti.
Ad esempio, le relazioni sociali, l’accesso all’istruzione, le condizioni igieniche del contesto abitativo e soprattutto la capacità di questi genitori di garantire che i bambini possano ricevere cure adeguate. Questo è fondamentale ed è ciò che costituisce una necessaria premessa rispetto ai benefici del vivere nella natura".
Dal punto di vista emotivo, quali effetti possono avere ritmi lenti, meno stimoli artificiali e un contatto quotidiano con l’ambiente naturale?
"La riduzione di stimoli artificiali permette lo sviluppo di maggiori capacità di concentrazione e i ritmi più lenti, unitamente al contatto con la natura, favoriscono la possibilità di una maggiore elaborazione delle emozioni e di una gestione dello stress migliore, ma tutto questo, senza un adeguato supporto e contenimento non è di per sé garanzia di uno sviluppo ottimale per il minore. Questo caso, come dicevamo, farà dibattere perché deve essere letto in una prospettiva globale e molto analitica delle peculiarità stesse della vicenda".
Quando una scelta di vita appare “non convenzionale”, quali parametri vengono realmente utilizzati per valutare la capacità genitoriale?
"La valutazione della capacità genitoriale prevede metodologicamente l’analisi di una pluralità di criteri che sono indicati e determinati dalle linee guida in materia. Deve prendere in considerazione la capacità di accudimento, la competenza affettivo-relazionale, la capacità educativa e la stabilità psicologica del genitore.
Non è semplicemente lo “stile di vita” che la determina o la pregiudica, e per questo motivo non va stigmatizzata la “diversità”, ma vanno considerate le esigenze specifiche dei minori in relazione al contesto di vita e alle caratteristiche della relazione con le figure genitoriali. Questo caso non deve essere strumentalizzato, ma va trattato con cura e con rigore".
