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Cronache

Cresce il malcontento in tutto il Paese dopo l’annuncio del nuovo dpcm di domenica 26 aprile. Ristoratori, parrucchieri, estetisti e piccoli negozianti stanno protestando in tutta Italia per chiedere l’apertura anticipata delle proprie attività e scongiurare il fallimento.

L’ultima iniziativa lanciata è quella delle partite iva di Cesenatico, organizzate tramite un gruppo whatsapp di oltre 200 partecipanti, che si sono date appuntamento lunedì 4 maggio alle ore 10 davanti al Faro, dove partirà un corteo che intende raggiungere il municipio, formando una catena ma sempre nel rispetto del distanziamento sociale.

La protesta si aggiunge a quelle inscenate ieri da parrucchieri ed estetiste di Padova, dove in due sono arrivati a incatenarsi davanti ai rispettivi negozi. Ma il settore, che conta 135mila imprese e oltre 260mila addetti, è unito e minaccia la disobbedienza civile, con l’appoggio delle associazioni di categoria, da Nord a Sud.

"La maggioranza degli esercizi rischia di non aprire più i battenti, occorre subito ripensare l'agenda e intervenire urgentemente al sostegno economico di un settore pronto alla rivolta", dice una nota dell'Unione Artigiani di Milano e di Monza-Brianza. Critica anche Daniela Vallerano, presidente di Cna Firenze Estetica: "Un colpo durissimo e una scelta che ci ha sbalordito. Essere considerati la categoria più rischiosa di tutte è fuori luogo: tutti i centri estetici e tutti i coiffeur, già in condizioni di normalità, rispettano norme rigorose".

Anche il comparto agroalimentare protesta per le aperture tardive di bar e ristoranti. Lorenzo Bazzana, responsabile economico della Coldiretti, ha dichiarato che "Il 35% dei consumi alimentari di questo paese sono extradomestici, nel momento in cui vengono chiusi bar ristoranti e agriturismi tutto questo viene perso.

Bisogna capire che il recupero nelle vendite alimentari non compensa la perdita della ristorazione. Ovviamente dobbiamo pensare alla carenza dei milioni di turisti. In più abbiamo il crollo dell'export. Prevediamo crolli verticali nelle vendite di vino, dei formaggi dop e dell'olio. È vero che aumentata di più del 200% la vendita di farine da parte dei singoli acquirenti, ma questo non ha compensato la chiusura dei ristoranti che acquistavano grandi quantità e così abbiamo un meno 25% degli stessi sfarinati".

Un ulteriore mese di lockdown farebbe salire a 5 miliardi le perdite per il settore. E la Fipe Confcommercio aggiunge: "Forse non è chiaro che si sta condannando il settore della ristorazione e dell'intrattenimento alla chiusura. Moriranno oltre 50mila imprese e 350mila persone perderanno il loro posto di lavoro".

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