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Cronache
Diffamazione. Offendere si può se è una reazione a una provocazione

Sei stato danneggiato dalle parole di qualcuno? Nell’ultima riunione condominiale hanno attaccato la tua reputazione in modo irripetibile? Qualcuno ti ha offeso sul web? Non resta che rivolgersi ad un avvocato e denunciare il soggetto per diffamazione. Stessa cosa vale nel caso si venga ingiustamente accusati di diffamazione. Ci vuole sempre un buon avvocato quando si tratta di questioni giudiziarie e vale la pena poi ricordarsi di incrociare le dita, perché non si sa mai.

 

In Italia con la diffusione del web e dei social questo tipo di denuncia o ipotesi di reato si è amplificato. E diventa un problema sociale perché le offese gratuite sono la regola e un leva per fare politica. Tanto più nella nostra società dello spettacolo dove esagerare nelle dichiarazioni crea visibilità mediatica e sposta l’opinione pubblica.

Ma non serviva la rete per far aumentare “il delitto” di diffamazione che cresce con l’evoluzione del nostro modello di società.

Dal 1990 le cause per diffamazione, scrive l’Istat, sono più che quintuplicate, portandosi dalle 12.000 alle 67.000 del 2009, anche se il dato varia molto anno per anno. Oggi sono calate a 17.000 ma solo perché è decaduto penalmente il reato di ingiuria, depenalizzato e diventato un illecito civile, che viaggiava insieme alla diffamazione.

Ma le denunce di questo tipo di reato restano tra le più diffuse.

 

Una sentenza della Cassazione di pochi giorni fa stabilisce che non c'è diffamazione se c'è stata provocazione. Cioè se il soggetto che ha offeso l’onore altrui agiva in preda alla rabbia.

Questo perché, come cita l'articolo 599 del Codice penale, non è punibile chi ha commesso il fatto nello stato d'ira determinato da un fatto ingiusto altrui.

Ora stabilire cosa sia questo stato d’ira è tutto da dimostrare e così il fatto ingiusto. Anche perché la verità può essere intesa, da altri che non la accettano, come una provocazione.

La provocazione esclude la pena. Per alcuni giuristi è una causa di giustificazione, per altri è invece motivo speciale di non colpevolezza.

 

La sentenza della Cassazione di pochi giorni fa trattava del modo in cui si è espresso un avvocato rispondendo ai due colleghi che accusavano il suo assistito di un fatto non vero. Prima il Giudice di Pace ha assolto l'imputato-avvocato, poi lo ha confermato un Tribunale d’appello.

L'accusato, cioè l’avvocato, aveva inviato a uno dei due colleghi (legale di una lavanderia che rivendicava il pagamento di prestazioni lavorative rese all'assistito difeso dall’avvocato in questione poi imputato) un fax con questo scritto: "su quanto riferitole, v'è ben poco da replicare se non che tali vaneggiamenti si attagliano appieno alla veste lavorativa della sua assistita".

Il fax era stato inviato in risposta a un altro dei legali di controparte, che avevano però in quella comunicazione detto un fatto, anche esso offensivo, ma non ritenuto vero.

I giudici, pur riconoscendo il contenuto diffamatorio del fax dell’avvocato-imputato, hanno ritenuto che egli abbia agito nello stato d'ira derivante da un fatto ingiusto subito (cioè dal fax precedente ricevuto dai due colleghi legali).

A questo punto i due legali hanno ricorso in sede di legittimità, in Cassazione, perché l’invio del fax comporta una tempistica che si può considerare lontana dallo scatto d’ira.

 

La Cassazione invece ha stabilito che il ricorso non è fondato. L’avvocato con il ricevimento del primo fax dai due legali aveva subito un fatto ingiusto e lo stato d'ira può anche non essere immediato.

 

Il diritto di cronaca e il diritto di critica permettono di comunicare eventi che possono irritare le persone e queste possono sentirsi offese. Questo diritto, a cui si appellano giustamente soprattutto i giornalisti nell’esercizio della professione, è tutelato dalla Carta costituzionale all’articolo 21 se tre condizioni prevalgono: il fatto, attribuito alla persona che si sente offesa è in sé vero (basta anche una “verità putativa”, purché il lavoro di ricerca giornalistica sia stato particolarmente diligente), deve essere di interesse pubblico e le modalità espressive non devono essere per sé stesse offensive (improperi gratuiti o simili).

Ma anche il diritto di cronaca e quello di critica si possono scontrare con il funzionamento reale della giustizia.

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